Immaginate di essere un asset fondamentale per la vostra azienda, con una carriera di successo, viaggi di lavoro, uno stipendio invidiabile e rispetto sociale. Fatto? Bene. Ora immaginate che non abbiate mai voluto tutto questo, che siate bloccati in un circolo vizioso fatto di “eh ma la vita è così” o del costante bisogno di rendere felici i genitori e chi ci sta attorno. Le cose iniziano a cambiare, vero? Successo e soldi diventano il misero frutto di giornate interminabili, tempo libero inesistente, affetti lontani e un telefono che squilla senza tregua per colpa di manager maleducati e pressanti, interessati solo al profitto.
Non stiamo parlando della deprimente realtà di oggi, ma dell’incipit di Urban Jungle. Il gioco si apre con la fine di una videocall aziendale. I nostri risultati vengono elogiati, l’azienda prospera e dovremmo esserne felici... ma non lo siamo. L’atmosfera grigia, fredda e malinconica riflette perfettamente il nostro stato d’animo interiore: arido, distaccato, spento.Per fortuna, poco dopo arriva un flashback dell'infanzia. Siamo spensierati, parliamo con la nonna di fiori, piante e sogni per il futuro. Il nostro desiderio è semplice e sincero: aprire un vivaio o una fioreria. Il tutto viene reso ancora più magico dal nostro gatto arancione, Rufus, che si gode il sole a pancia all’aria. Ma l’idillio finisce presto. Nostra madre irrompe nella scena: ha trovato lavoro all’estero e dobbiamo prepararci a partire. Velocemente.
Nel gioco, la madre e il fratello sono due figure chiave. Saranno loro a sminuire i nostri sogni, a spingerci verso un impiego in una multinazionale, per “diventare persone rispettabili”. Continuamente ci verranno fatti paragoni con figli di conoscenti, descritti come falliti solo perché hanno mollato il college. Mi trattengo dal raccontarvi tutto il resto, perché Urban Jungle è un’esperienza breve ma intensa. Posso solo dirvi che le piante saranno il nostro filo conduttore, il legame che unisce i vari momenti del gioco. Anche nei periodi più bui, lontani da Rufus e dalla nostra migliore amica, saranno fiori, cactus e palme a dare colore e calore alla nostra vita.
La gestione delle piante è uno degli elementi più originali del gioco. Non basta garantirgli la giusta luce e umidità: dovremo posizionarle vicino ad altre piante compatibili, creando un equilibrio armonico. Un cactus, ad esempio, prospera vicino a certi vegetali e “soffre” accanto ad altri. Una bellissima metafora delle nostre vite: cresciamo felici quando siamo nel giusto ambiente, con le persone che ci fanno stare bene. Questo gioco mi ha ricordato molto Una barca nel bosco di Paola Mastrocola. Anche lì, il protagonista si sente fuori posto nella grigia Torino e si rifugia tra le piante, creando un piccolo bosco urbano. Un’ode a chi cerca di restare fedele a sé stesso, anche quando tutto sembra remare contro. Se vi piacerà Urban Jungle, vi consiglio caldamente di leggerlo.
In conclusione, Urban Jungle ci invita a credere nei nostri sogni, a coltivare le speranze e a non lasciarci soffocare dalle aspettative altrui, dai falsi bisogni imposti dai social o da ciò che altri si aspettano da noi. A volte basta poco per ricordarci chi siamo davvero. Ed è in quei piccoli gesti, quei piccoli fiori, che può riaccendersi la fiamma del nostro fuoco interiore, che non dovrebbe mai spegnersi. Pena un arido deserto grigio e triste.
8.7Voto KotaWorld.it9Trama8Gameplay9Ottimizzazione