"Skyrim nello spazio". Così veniva definito Starfield da Todd Howard, direttore e produttore esecutivo di Bethesda Softworks. Un titolo che fin dalle prime immagini, all'E3 del 2018, ha suscitato enorme interesse e hype in appassionati e non. Hype che è stato poi a dovere alimentato da una campagna di marketing decisamente aggressiva sostenuta da Microsoft. D'altronde, si tratta pur sempre della prima nuova IP dello studio del Maryland in oltre 25 anni e non si può giocare se non su piattaforme Xbox Series o PC. Ma come spesso succede, l'hype ( o "montatura pubblicitaria", per far felice l'Onorevole Rampelli) finisce per essere una lama a doppio taglio, un seme della discordia che fa crescere aspettative nei giocatori spesso inconciliabili con la realtà dello sviluppo videoludico, portando quindi a delusioni e montagne di polemiche al momento dell'uscita (una citazione a Cyberpunk è d'obbligo).
Avrete sicuramente visto video o letto di giocatori e streamer indignati perchè non è possibile percorrere a piedi l'intera distanza tra un polo e l'altro di un pianeta, oppure perchè non si può atterrare e decollare manualmente con la propria navicella. Tutto vero, per carità, ma sono accuse che andrebbero contestualizzate a quella che è l'esperienza di gioco che Starfield vuole essere e che Bethesda ha costruito, ovvero quella di un gioco di ruolo e non di un simulatore spaziale. Nonostante il titolo sia uscito il 6 settembre scorso e noi ci stiamo giocando dal primo giorno di early acc... (ehm, accesso anticipato, pardon), abbiamo deciso di prenderci tutto il tempo che abbiamo considerato necessario per cercare di esplorare quanto più possibile di questo enorme titolo: come sapete noi di Kotaworld vogliamo GIOCARE i giochi, prima di raccontarveli nel dettaglio.
Ebbene con Starfield non ce l'abbiamo fatta, bisogna dirlo. Superate abbondantemente le 60 ore di gioco e completata la campagna principale, abbiamo deciso di fare un compromesso, e raccontarvi cosa ne pensiamo del gioco giunti alla soglia del NG+. Speriamo possa essere sufficiente.
"L'universo è fatto di storie, non di atomi"
Così scriveva la poetessa Muriel Rukeyser nel suo libro "Speed of Darkness", un anno prima che l'uomo approdasse sulla Luna. La nostra, di storia, ha inizio nel 2330, poco più di 150 anni dopo l'abbandono della Terra da parte dell'umanità. Il nostro protagonista è attualmente un minatore in un avamposto minerario su Vectera, una delle lune del pianeta Anselon nel sistema di Narion. Saremo arruolati per un compito molto particolare che ci porterà a riesumare un misterioso artefatto, al contatto con il quale perderemo i sensi. Dopo esserci risvegliati in infermeria, la situazione inizia a precipitare: sulla luna atterra Barrett, membro di un gruppo di studiosi e scienziati chiamato Constellation. L'obiettivo di questa organizzazione è quello di svelare ciò che l'Universo ancora nasconde alla conoscenza umana (un po' ambizioso come obiettivo, non trovate?) e tra gli interessi del gruppo c'è proprio l'artefatto da noi riportato alla luce. La transazione viene interrotta dai membri di una terza fazione che infesta la Via Lattea, la Flotta Cremisi, pirati spaziali che puntano solo ad arricchirsi derubando. Dopo un breve scontro a fuoco che ci vede vincitori, Barrett ci affida la sua nave spaziale e ci indica come meta la città di Nuova Atlantide, sul pianeta Jemison. Lì troveremo la Loggia, ovvero la sede di Constellation, dove dobbiamo consegnare l'artefatto.
Questo l'incipit del tanto atteso Starfield, un paio d'ore (compresa la creazione del personaggio) di tutorial che risultano abbastanza insipide, ricche di clichè e tutto sommato abbastanza prive di mordente. Nell'editor del personaggio, oltre a definire le nostre sembianze fisiche, scriviamo anche quello che è stato il nostro passato e quelli che sono i nostri tratti peculiari. La mia Pandora, per esempio, ha servito come medico di campo durante la Guerra delle Colonie, un sanguinoso conflitto svoltosi circa 20 anni prima. Come è finita a fare la minatrice? Certo, fingendoci game master del gioco di ruolo potremmo pensare che le terribili esperienze che ha dovuto vivere in guerra l'abbiano portata a congedarsi e vivere una vita "tranquilla" lontano dalla civiltà...ma una minatrice, sul serio? Ovvio che consentire un inizio differente per ogni background selezionabile in fase di creazione del personaggio non sarebbe stato ragionevole, ma forse si poteva rendere l'incipit un po' più coerente con qualche minima accortezza o, quantomeno un po' più appassionante.
Sta di fatto che, una volta preso possesso della nave (anche qui, in maniera alquanto discutibile, voi regalereste mai la vostra auto a uno sconosciuto?) il gioco lascia la nostra mano e ci permette di muoverci come meglio desideriamo all'interno dello sconfinato numero di sistemi e pianeti. Gli unici limiti sono dati dal carburante presente nel serbatoio e dalle capacità di Salto Gravitazionale che la navicella permette. Noi, spinti anche da necessità redazionali, abbiamo deciso di seguire linearmente la trama e ci siamo diretti tutto d'un fiato nel sistema di Alpha Centauri, uno dei primi a essere colonizzati dopo la fuga dalla Terra. Purtroppo però, la cittadina di Nuova Atlantide, una delle prime cose che si vedono dopo le profondità rocciose di Vectera, è uno degli spettacoli peggiori che Starfield nel complesso ha da offrire. Un look pulito ma decisamente spoglio, con una vegetazione che definire primordiale (in senso tecnico) è dir poco e una popolazione ricca ma senza vita, cosa che purtroppo rappresenta un po' il marchio di fabbrica di Bethesda. Per non parlare delle prestazioni che, se finora erano sembrate decenti, calano a picco, sfiorando, e talvolta purtroppo scendendo, sotto i 30fps.
30fps. Su PC. Nel 2023. C'erano state delle critiche riguardanti il lock a 30fps su Xbox Series. Dopo aver visto le prestazioni su PC (che comunque tratteremo più approfonditamente in seguito, come al solito), i 30fps su console non sono niente meno che un miracolo tecnico.
Da dove comincio?
Mettendo da parte le prestazioni tecniche per un attimo, è inutile negare che fin dai primi passi tra la folla si viene letteralmente inghiottiti nella mole di contenuti che Starfield ha da offrire: venendo meno in maniera quasi totale la componente di narrazione esplorativa a cui eravamo abituati in Fallout o TES, gran parte delle quest secondarie e delle attività vengono concentrate nelle città maggiori dei vari sistemi stellari. Parli con il barista? Ti chiede di andare a rubare un ingrediente per il suo cocktail definitivo; ascolti una conversazione tra due guardie cittadine per sbaglio? Finisci a fare il vigilante volontario e a risolvere banali diatribe tra cittadini; rubi una mela? No, li finisci in carcere, come al solito (o forse no?).
Le cose da fare sono semplicemente tantissime e sentirsi spiazzati dalla mole dei contenuti è estremamente facile: è facile passare intere sessioni di diverse ore giocando per poi rendersi conto che non si è andati avanti di un millimetro con la trama principale (che, volendo speedrunnare, si può comunque terminare in non meno di 30-35 ore). Tra l'altro, anche piccole deviazioni su pianeti sconosciuti o attività che sembrano banali nascondono talvolta questline più accattivanti e meglio scritte di tante missioni principali, garantendo ulteriori ore di contenuti di alta qualità narrativa. Dopotutto la scrittura è uno dei punti forti di Bethesda e, sebbene la storia principale ci metta diverse ore a ingranare, ci sono le già citate numerosissime missioni secondarie a supplire e mantenere il ritmo sempre accesso e imprevedibile. Peccato che la UI implementata da Bethesda per Starfield sia alquanto approssimativa e confusionaria: tutte le missioni ottenute (e fin da subito si moltiplicheranno a dismisura) verranno suddivise in missioni principali, secondarie e attività. Una suddivisione insufficiente, avremmo decisamente preferito poterle suddividere in base al pianeta o quantomeno al sistema in cui l'obiettivo è situato, così da poter anche ottimizzare il loro completamento. Ciò non è possibile (i modders verranno sicuramente in soccorso) e tocca quindi ricercare singolarmente la location dove è necessario recarsi per proseguire con ciascuna quest.
Dopo aver fatto la conoscenza dei vari membri di Constellation verrà sbloccato anche il sistema dei companion, grazie al quale potremo portare in giro per la galassia con noi un alleato a scelta. Esplorando pianeti sconosciuti e scampando alla morte insieme, il legame si salderà e si approfondirà, permettendoci di scoprire la storia di ciascun compagno, fino allo sbocciare, eventualmente, dell'ammmmoooore. Peccato che le storie dei companions insistano un po' troppo sul clichè del passato travagliato, che finisce inevitabilmente per risultare un po' cringe, alla lunga.
Molto interessanti anche le sottotrame legate alle varie fazioni del gioco, davvero ben caratterizzate sia dal punto di visto narrativo e della lore, sia dal punto di vista della varietà delle missioni, passando dal dito costantemente sul grilletto dei compiti della Flotta Cremisi a missioni più stealth e ragionate della Ryujin Industries. È possibile far parte contemporaneamente di più fazioni, il che rende le cose davvero molto intriganti a volte: noi per esempio ci siamo arruolati subito nelle Colonie Unite (il corpo dove, secondo il nostro background, avevamo servito durante la guerra) e siamo stati chiamati a infiltrarci nella Flotta Cremisi per ottenere informazioni preziose dall'interno; al contempo siamo entrati a far parte della Flotta per assicurarci di avere la massima fiducia da parte dei pirati e non subire più le loro scorribande o agguati spaziali, il tutto camminando sul filo del rasoio, con una sola mossa sbagliata a rischiare di compromettere il nostro lavoro da entrambe le parti.
Lo shooting
Se è vero che in molte situazioni potremo cavarcela grazie alla nostra parlantina (sempre se avremo privilegiato l'upgrade della skill di Persuasione), capiteranno giocoforza dei momenti in cui sarà necessario far volare qualche proiettile e...ahi ahi ahi che dolore (e no, non parliamo di quello inflitto dalle pallottole). Se il Creation Engine è abbastanza "rinomato" per la legnosità che conferisce al gameplay, anche la sua versione rivista e migliorata non fa miracoli. Starfield non è un FPS puro, e siamo d'accordo, e il suo sistema di shooting è centinaia di volte meglio del V.A.T.S. di Fallout (opinione personale); ma nonostante questo l'esperienza di shooting che se ne trae non è sicuramente indimenticabile. C'è una buona varietà di armi, suddivise tra ballistiche e ad energia, e ci sono pure alcuni rimasugli bellici terrestri (l'immancabile AK-47 ma anche il più particolare VSS Vintorez). Il feeling non è ottimale, i ritmi di fight sono abbastanza dilungati e per nulla aiutati da una IA che mostra tutte le sue debolezze proprio quando l'atmosfera si fa calda. E non parliamo solo dei nemici, che per carità usano le coperture e fanno timidi tentativi di flanking (e vorrei vedere, siamo pur sempre nel 2023...cioè nel 2330...insomma avete capito), ma anche degli alleati che decideremo di portarci con noi e che spesso e volentieri si metteranno sulla linea di tiro per poi insultarci risentiti per avergli perforato l'osso occipitale.
Non mancano poi i nemici che si spawnano all'interno di stanze chiuse a chiave e che quindi rimangono immobili dentro, con la punta del fucile che spunta tristemente dalla porta, in una compenetrazione di poligoni inguardabile. Nemici letteralmente paralizzati dalla paura (o dai bug? Più probabile), nemici che sono letteralmente delle spugne di proiettili, tant'è che sono già state pubblicate mod che riducono i punti vita di alcuni particolari mob. Abbastanza criptico anche il sistema di scaling della difficoltà che ci ha visti eliminare senza particolari difficoltà nemici di 10-20 livelli superiori al nostro e fare invece fatica con membri della fauna locale di alcuni pianeti il cui livello era invece molto inferiore a quello del protagonista. Insomma, gli scontri a fuoco sono un intermezzo discreto per dare ritmo a sessioni di gioco più narrative, ma non ci hanno convinto appieno. Probabilmente vediamo molti difetti anche a causa dell'esperienza di chi, come noi, scrive da parecchio articoli sugli sparatutto, alcuni dei quali hanno alzato la proverbiale asticella a standard ben precisi.
Peccato, inoltre, che le ricompense in termini di EXP derivanti dallo sconfiggere nemici o animali superi in efficienza qualsiasi altra attività proposta dal gioco: sterminare la fauna di interi pianeti porta, soprattutto all'inizio del gioco, a salire di livello in maniera estremamente rapida, a fronte di una difficoltà risibile. Difficoltà che, c'è da dirlo, è comunque tarata al ribasso durante gran parte dell'avventura, fatta esclusione per le dog-fights con le navicelle, dove spesso anche possedendo una nave qualitativamente migliore si viene comunque sconfitti poichè in netta inferiorità numerica.
Walking on the moon
Il tempo che non viene speso combattendo, quindi la maggior parte, si passa facendo trekking su pianeti e lune sparsi per la galassia. Ho già citato in apertura le critiche che Starfield ha ricevuto in merito alla gestione dell'esplorazione ma andiamo un po' più nel dettaglio. È vero che, una volta scelto il pianeta che vogliamo esplorare e selezionato il punto di atterraggio, il gioco genererà una mappa di gioco attorno alla landing zone contenente vari punti di interesse generati proceduralmente. Se è vero che questa zona ha dei limiti, ben definiti da muri invisibili che si palesano al giocatore solo prima di varcarli, è anche vero che ciascuna mappa generata al momento dell'atterraggio ha un'area di circa 20 miglia quadrate (per confronto l'intera mappa di Fallout 4 era di circa 10 miglia quadrate, quella di Skyrim 15) e necessita di una ventina di minuti per essere attraversata interamente a piedi, meno se la gravità è favorevole e ci consente balzi più lunghi. Il problema quindi secondo noi non è tanto il sentirsi "intrappolati" in una scatola predefinita e non avere a disposizione l'intero pianeta da attraversare liberamente, quanto il fatto che effettivamente camminare per diversi minuti in direzione dei vari punti di interesse è già di per sè abbastanza noioso. Dei mezzi di locomozione terrestri avrebbero forse facilitato questo aspetto, chissà perchè in fase di design l'idea di implementarli è stata scartata.
Certo, è possibile scannerizzare eventuali forme di vita animali o vegetali, risorse minerarie e quant'altro, ma alla lunga è impossibile non rendersi conto che molti pianeti sono uguali ad altri, infinite distese rocciose perlopiù deserte con qualche punto di interesse a rompere la monotonia, ma neanche tanto. Dopo una manciata di ore nemmeno la realizzazione sopraggiunge, glaciale: molti POI (points of interest), per forza di cose, si ripetono anche su pianeti distanti anni luce l'uno dall'altro, rendendo la loro esplorazione in gran parte inutile e ripetitiva. Se tutto questo fosse relegato a una volontà esplorativa del giocatore il problema sarebbe, seppur presente e innegabile, quantomeno ridimensionato, il fatto è che spesso durante missioni sia secondarie che primarie ci viene chiesto di recarci in determinate location che altro non sono che lo stesso dungeon o la stessa fabbrica abbandonata che abbiamo già esplorato per i fatti nostri qualche ora prima.
La differenza tra ciò che è stato realizzato "a mano" dagli artisti di Bethesda, l'attenzione quasi maniacale per la disposizione degli oggetti negli interni o l'architettura degli edifici stessi, si scontra in maniera assolutamente evidente con il materiale generato proceduralmente, che ancora non regge il passo con quanto c'è di "handmade". E quindi giungiamo a un problema fondamentale che Starfield presenta in confronto ai precedenti lavori dello studio di Howard: l'esplorazione, oltre ad essere palesemente guidata, non è per niente soddisfacente. In Starfield non si esplorano pianeti, si cammina verso il prossimo punto di interesse, e per la natura procedurale di questi, è molto probabile che una volta raggiunti scopriremo di averli già visti altre decine di volte, arrivando quindi alla consapevolezza di aver camminato per dieci minuti completamente a vuoto. Per lo stesso motivo sarà estremamente raro trovare all'interno di uno stabilimento o una grotta degli spunti narrativi per l'inizio di quest segrete o nascoste, dato che appunto tutti i luoghi visitabili nei pianeti sono procedurali e non unici.
A questa consapevolezza si giunge dopo qualche decina di ore, a seconda di quanto ci si sia dedicati all'esplorazione, ed è inutile negare come in effetti impatti negativamente sull'esperienza di gioco, ridimensionando enormemente l'interesse e la curiosità nell'esplorare i "più di mille pianeti" presenti nel gioco, che altro non sono che copie carbone gli uni degli altri. Quantity over quality? No grazie.
Ingegneria aerospaziale
Qualora abbiate una laurea in questa materia, sicuramente riuscirete ad apprezzare al meglio la meccanica di costruzione della vostra navicella spaziale implementata da Bethesda, in caso contrario...beh auguri. Da piccolo ho sempre adorato giocare con Lego e Geomag, convincendomi di essere in grado di costruire qualunque cosa, lasciandomi guidare solo dall'estro e dalla mia fantasia. Reality check disastroso: non sono mai andato oltre la classica e banale casetta (brutta peraltro). E odiando sentirmi un'idiota ho ben presto abbandonato la costruzione creativa, relegandomi a seguire diligentemente le istruzioni dei vari set acquistabili. Ebbene lo stesso mi è successo pari pari con Starfield nel momento in cui mi si è aperta la possibilità di costruire la mia navicella personale. Un sistema veramente profondo e ben realizzato che necessita però di diverso tempo per essere sviscerato e compreso al meglio. Non aiuta il fatto di avere parecchi limiti relativi al numero di crediti che si possono spendere per acquistare le varie componenti, relativi alle abilità di pilotaggio necessarie a poter usufruire di determinati pezzi, nonchè alla necessità di associare alla massa totale della nave un reattore e dei propulsori in grado effettivamente di spostarla.
Essendone personalmente incapace, mi sono fiondato su Youtube per ammirare i capolavori di altri giocatori molto più capaci, e allora, e solo allora, ho potuto apprezzare le vere potenzialità di questo sistema, in grado di permettere al giocatore più creativo non solo di realizzare una navicella completamente personalizzata, ma anche di scimmiottare celebri velivoli appartenenti ad altri famosi franchise sci-fi. È triste da dire ma probabilmente una delle migliori features che Starfield ha da offrire non posso apprezzarla se non in maniera indiretta. *lacrimuccia*
A "rallegrarmi" c'è però il fatto che, a conti fatti, l'utilizzo della nave spaziale in game è minimale a dir poco. A parte qualche sporadico combattimento, che si risolve peraltro nel giro di pochi minuti, la navicella non rappresenta altro se non un hub da cui teletrasportarsi in giro per la galassia, non essendo di fatto possibile atterrare o decollare manualmente, ed essendo le distanze tra sistemi anche di migliaia di anni luce. Se questo "rallegra" il sottoscritto è anche vero che non farà molto piacere a chi ha spenderà diverse ore (e milioni di crediti) nel realizzare il suo bolide stellare definitivo, per poi poterlo apprezzare la maggior parte del tempo da parcheggiato allo spazioporto... In ogni caso, qualora siate imbranati come chi scrive, è sempre possibile ottenere nuove navi acquistandole dai vendor nelle principali città oppure letteramente rubandole, sia in orbita che sulla superficie dei vari pianeti, dove randomicamente potranno atterrare ciurme di pirati o altri lestofanti.
Un'altra meccanica interessante ma assolutamente secondaria è quella della costruzione di avamposti. Una versione non solo non ampliata, ma addirittura rivista e ristretta rispetto a quanto visto in Fallout 4, tanto da renderla assolutamente trascurabile per un'esperienza di gioco efficiente e completa. La quantità di risorse e crediti necessari a costruire gli outpost e magari collegarli tra loro per condividere le risorse e raffinarle, non viene assolutamente ripagata dal profitto derivato dalle vendite. In più le opzioni di personalizzazione sono estremamente limitate, così come l'estensione possibile dell'insediamento e la sua popolazione (limitata a tre abitanti, TRE). Di fatto, non essendo un grande amante della componente gestionale in un RPG, non ho pianto in lutto per questa feature che sembra inserita con lo scotch di fretta e furia in fine produzione, ma per chi l'ha apprezzata in Fallout e si aspettava un miglioramento in questo senso, penso sia inevitabile una gran bella delusione.
E già che parliamo di meccaniche inutili perchè non buttare nella mischia anche il crafting e il cooking. Per quanto riguarda il primo, potremo costruire miglioramenti e mod per la nostra tuta spaziale, accessori per le armi e strutture o oggetti necessari alla costruzione di edifici nell'outpost. Le possibilità di crafting sono limitate dalla ricerca, ovvero prima di poter costruire determinati oggetti dovremo aver speso altre risorse per fare ricerca in quel determinato campo. E per sbloccare le ricerche di livello più avanzato sarà necessario sviluppare le skill relative al crafting nell'albero delle skill. Conclusione? Un gran bel casino e, peraltro, assolutamente inutile. Semplicemente combattendo e lootando i caduti nemici sarà possibile trovare tute spaziali, elmetti e armi di altissimo livello in grado di superare di gran lunga qualsiasi arma siate in grado di realizzare con le vostre skills di crafting.
E qualora vogliate essere dei Carlo Cracco iperuranici? Sappiate che nel 2330 si cucina ancora con il bel fornelletto a gas e la pentolona della nonna, soltanto che al posto del ragù si possono fare dei buonissimi spiedini di alieno e poco altro. Gran parte del cibo che si trova in giro per il mondo di gioco è assolutamente inutile, cura percentuali di punti vita irrisorie e garantisce bonus anche interessanti ma per una durata di tempo risibile rispetto ai tempi di gioco di Starfield. Peccato, perchè i Chunks sono proprio carini.
Ground Control to Major Todd
Giunti infine a parlare del comparto tecnico-artistico di Starfield, voglio immaginarmi come la voce del Ground Control nell'immortale Space Oddity di David Bowie, prendendomi umilmente licenza di adattare il nome del Maggiore. "Ground Control to Major Todd. Your circuit's dead, there's something wrong". Ebbene si, perchè qualcosa di "wrong" c'è eccome ed è inutile negarlo. Alla domanda, sicuramente un po' sgraziata, del giornalista di Bloomberg che chiedeva al boss di Bethesda se avessero ottimizzato il gioco, Major Todd risponde saccente di averlo fatto e che forse sarebbe ora di aggiornare i nostri PC per poter apprezzare il suo gioco in tutta la sua magnificenza.
Ora, la seguente configurazione, su cui abbiamo testato Starfield, non è sicuramente lo stato dell'arte del gaming su PC odierno, ma è una macchina che riesce a sostenere titoli come Cyberpunk 2077 o anche il famigerato Star Citizen e a farli girare in maniera più che decente...come mai non dovrebbe essere lo stesso con Starfield?
AMD Ryzen 7 3700x @ 3.60 GHz
Gigabyte RTX AORUS Master 3080 Ti 12Gb
Corsair Vengeance RGB RT 32GB DDR4 3600MHz
Monitor LG 34GN850 a risoluzione 3440x1440 (21:9)
Si può davvero accettare un frame rate che si assesta costantemente sui 40fps nelle città? E va bene la sponsorship di AMD, ma sul serio dobbiamo aspettarci dai modders l'implementazione del DLSS, nettamente superiore all'FSR 2.0 della controparte? Graficamente poi, Starfield presenta una dicotomia che raramente ho visto in altri titoli: se da un lato ci regala scorci di paesaggi e interni spaventosamente belli, anche grazie a un uso sapiente dell'illuminazione, dall'altro ci obbliga a sopportare NPC vetusti e a tratti inquietanti, texture SD spiattellate a caso sulla superficie dei pianeti, intere sezioni che sembrano essere prese da un gioco sci-fi qualsiasi dell'era PS3. Il Creation Engine sarà anche stato aggiornato, ma Bethesda continua testardamente a rimanere "vecchia" dentro, e la cosa si rispecchia sui suoi titoli, anche se "rivoluzionari".
È rivoluzionario dover passare attraverso un caricamento ogni volta che si entra in un edificio o si esce dalla propria nave nel 2023? È rivoluzionario rimbalzare letteralmente sull'acqua e non potersi immergere? È rivoluzionario avere le stesse espressioni facciali statiche e legnose che sono ormai le stesse dai tempi di Oblivion? È rivoluzionario vedere come niente nel mondo di gioco cambi in base alle nostre scelte, e che anche tenere sotto tiro un civile o un poliziotto non generi reazione alcuna? Fortunatamente però, dal punto di vista dei bug, notoriamente un marchio di fabbrica di Bethesda, Starfield si presenta abbastanza pulito, tanto che, al momento, non ci siamo scontrati con nessun game-breaking bug, ma soltanto qualche divertente comportamento anomalo di alcuni NPC.
Il mondo di gioco è sicuramente ispirato e Bethesda è riuscita a infondere uno stile preciso alle varie fazioni e alle varie città maggiori presenti nel gioco, prendendo spunto dal NASA-punk, in maniera autoreferenziale dallo stesso Fallout e anche da Cyberpunk 2077, però vi prego, non paragoniamo Neon a Night City eh, non c'è il minimo paragone da fare. In questo universo apparentemente sconfinato, è però impossibile non chiedersi se davvero è questa tutta l'umanità sopravvissuta all'esodo dalla Terra e alla Guerra delle Colonie. Tre, quattro città di piccole-medie dimensioni e svariati minuscoli avamposti e villaggi sparsi su qualche isolato pianeta? E ammettiamo che ci sia stata effettivamente questa riduzione (che rasenta l'estinzione) del genere umano, è mai possibile che comunque l'economia faccia ancora pena come al giorno d'oggi? Parlando di economia, in effetti, c'è da dire che la povertà sembra regnare incontrastata nel "nuovo mondo" di Starfield: quasi tutti i mercanti e vendor con cui tratteremo potranno a malapena permettersi di acquistare uno o due oggetti da noi prima di finire in bancarotta, rendendo la vendita del loot un vero e proprio (inutile) supplizio. Perchè inutile? Perchè sedendoci su una sedia e aspettando 48h il vendor tornerà ad avere piena disponibilità dei pochi fondi che aveva...
Immenso il lavoro svolto alle musiche da Inon Zur, peraltro già autore della OST di New Vegas e Fallout 4. Melodie appena accennate, che si gonfiano con l'incedere dei fiati, si accendono all'inserirsi degli archi. Un approccio molto tradizionale, orchestrale, che ricorda la prima trilogia di Star Wars, e si mette in piena contrapposizione con le sonorità elettroniche e più dissonanti che caratterizzano altri universi sci-fi contemporanei. Per quanto riguarda invece il doppiaggio, lavoro discreto ma non sicuramente eccellente. Avendo giocato il titolo principalmente in lingua originale non ho compreso la scelta di voler dare accenti molto marcati e variegati ai vari abitanti del cosmo, dato che sono passati oltre 150 anni dall'abbandono della Terra e, in questo lungo lasso di tempo, è molto probabile che la lingua si sia ampiamente modificata.
Insomma Major Todd, prima di incolpare i player per le loro configurazioni "non all'altezza", cerchiamo di proporre un gioco nel 2023 che non sia tecnicamente equiparabile a Skyrim del 2011. Perchè a questo punto può venire il dubbio che con lo "Skyrim nello spazio" che è Starfield, Major Todd sia stato in grado di riuscire a venderci per l'ennesima volta il quinto capitolo di The Elder Scrolls facendocelo passare come una nuova IP.
Stai a vedere...
In conclusione
Rileggendo la recensione, può sembrare effettivamente che abbia massacrato il titolo ma, non ci crederete, in realtà alla fine mi è piaciuto. Il fatto è che in Starfield non sono presenti difetti enormi (tranne forse le prestazioni), ma tutta una serie di piccole imperfezioni che, cumulandosi nel corso delle decine di ore di gioco che per forza di cose si spendono in game, finiscono per farsi sempre più evidenti e invadenti. Ma se si riesce a passarci sopra, a mantenere intatta la sospensione dell'incredulità, il titolo cattura e rapisce, grazie alle sue tante storie, a come vengono sapientemente narrate, e al fascino intrinseco che lo spazio e la sua immensità suscitano in noi piccoli granelli di carbonio e acqua.
7Voto KotaWorld.it7.5Grafica8Gameplay5.5Ottimizzazione