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Daymare 1994 Sandcastle - La Recensione (PC)
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Daymare 1994 Sandcastle - La Recensione (PC)

 

Starò diventando anziano, ma essendo cresciuto vedendo perlopiù nomi anglosassoni o giapponesi nei titoli di coda o apertura della maggior parte dei giochi giocati nella mia vita finora, leggere invece nomi come "Alessandro Bianchi" o "Michele Giannone" fa un certo effetto. Quel misto di orgoglio, per aver finalmente anche nel bel paese dei team di sviluppo capaci di realizzare titoli di una certa risonanza, e timore, nato dalla speranza che il gioco si riveli poi effettivamente valido e non un altro progetto da dimenticare. Sono queste insomma le sensazioni provate mentre accompagno Dalila Reyes, la protagonista, nella lunga camminata iniziale che apre le danze di Daymare 1994 Sandcastle.

Poi il gioco comincia sul serio, e allora non c'è più spazio per queste patriottiche paranoie.

 

 

H.A.D.E.S. a rapporto

 

Come è facile intuire, Daymare 1994 rappresenta il sequel del survival horror del 2019 Daymare 1998. Quattro anni separano gli eventi di cui saremo protagonisti, nostro malgrado, in questo titolo dai fatti di Keen Sight, e i ragazzi di Invader Studios, anche loro in quattro anni, sono riusciti a creare connessioni logiche tra le sceneggiature dei due titoli sottili ma coerenti. Nei panni della giovane reduce della Guerra del Golfo Dalila Reyes, ex-marine e ora membro delle unità speciali H.A.D.E.S., prenderemo parte alla missione di recupero Sandcastle, che prevede l'estrazione di dati sensibili da laboratori segreti nel mezzo del deserto del Nevada, nella famigerata Area 51.

Sulla scena è già stata inviata crème de la crème delle truppe scelte presidenziali, il Section-8, ma giunti sul posto ritroveremo la quasi totalità dei membri di questo gruppo d'èlite fatta letteralmente a pezzi. Ai cadaveri dei militari si aggiungono anche quelli degli scienziati che lavoravano in gran segreto al progetto, studiando una particolare lega metallica, la RAM77, in grado di teletrasportare la materia. La missione è guidata dal Comandante Marc Foster, il fondatore di H.A.D.E.S., e ad accompagnarci c'è inoltre il Maggiore Ivan Radek, al quale, prima di partire, abbiamo consegnato il prototipo del D.I.D., il Data Interchange Device già visto in Daymare 1998, da noi creato.

 

 

Dopo essere stati separati da Foster e Radek, nei panni di Reyes dovremo trovare il modo di ricongiungerci con la squadra cercando di orientarci nell'intricato labirinto di uffici, laboratori e lunghi corridoi che costituiscono la struttura, e soprattutto sopravvivere ai cadaveri sparsi al suo interno, che vengono misteriosamente rianimati da un'inspiegabile forza elettromagnetica ubiquitaria.

Un viaggio nelle oscure viscere dell'arido terreno desertico, alla ricerca di una via d'uscita ma soprattutto di risposte, seguendo il filo di una trama abbastanza intricata e non sempre cristallina, ma capace di tenerci sulle spine per le circa 6 ore necessarie a vedere i titoli di coda. Reyes si troverà invischiata in intrighi tra le varie organizzazioni, governative o meno, implicate negli abominevoli esperimenti che hanno avuto luogo nell'Area 51, e dovrà fare anche i conti con dei fantasmi di una famiglia disfunzionale, di un passato che torna a far paura. Forse, anche più dei cadaveri assetati di sangue di cui le profondità del Nevada pullulano.

 

Appuntamento al buio

 

In Daymare 1994, più che perdere anni di vita per colpa di qualche spavento di troppo, si perdono decisamente diottrie. Per quanto abbiamo armeggiato con impostazioni della luminosità in-game, nel pannello di controllo NVIDIA e pure sull'OSD del monitor, l'ambiente di gioco è veramente buio, troppo buio. E a poco serve la fidata torcia che potremo attivare a piacimento, il raggio di visuale è estremamente ridotto. Da un lato questo garantisce una sensazione di oscurità davvero opprimente e claustrofobica, che ben si sposa anche con le ambientazioni che attraverseremo; dall'altro però questo rende difficile se non impossibile apprezzare a pieno la bellezza dei livelli, ben realizzati e ricchi di dettagli, anche se piagati da un level design non proprio da top di gamma che ci costringerà spesso a lunghe e tediose fasi di backtracking.

 

 

Scenari di gioco che per quanto ben realizzati sono comunque troppo poco interattivi e dotati di ben poca spinta all'esplorazione, che regala comunque al massimo qualche munizione in più, dei documenti per approfondire la lore, o qualche collezionabile tutt'altro che memorabile. Il fatto che la nostra Reyes sia dotata soltanto di due armi per tutto il gioco (un fucile a pompa e una mitraglietta) elimina anche la curiosità nel cercarne di nuove, di più potenti, in grado di aumentare le nostre possibilità di sopravvivenza, appiattendo di fatto il senso di progressione e crescita della nostra protagonista. Certo, è possibile trovare qualche potenziamento per suddette armi, come caricatori aumentati o calci per migliorare la stabilità di mira, ma si tratta comunque di una quantità risibile che ha un impatto sul gameplay tutt'altro che evidente.

Se la ristrettezza di oggetti ottenibili può essere vista come un richiamo voluto allo stile survival-horror degli albori, viene spontaneo chiedersi allora come mai, per gran parte dell'avventura, l'inventario risulti occupato (o meglio intasato) da med-kit, di norma un oggetto molto raro in un survival, visto che spesso può fare la differenza tra la vita e la morte.

Sono bastati un paio di combattimenti a farmene capire il motivo...

 

Azione al rallentatore

 

In Daymare 1994 è presente una quantità abbastanza limitata di tipologie di nemici, sostanzialmente 3: i Decoy, gli Sparker e un'altra tipologia che ricorda i Decoy ma con ascite molto evidente. I Decoy e i Decoy ascitici (li chiameremo così) sono a loro volta divisi in due categorie: i blu, più deboli, e i rossi, invulnerabili ai proiettili. Ma come invulnerabili ai proiettili, e allora come ce ne liberiamo? Let me introduce to you the Frost Grip, la grande novità ludica di questo prequel.

 

 

Il Frost Grip è un dispositivo portatile che ricorda i lanciafiamme, con l'unica differenza che non usa miscele di combustibili bensì azoto liquido. Grazie a questa preziosa arma, Delila è in grado di rallentare o congelare completamente i suoi nemici per poi sbriciolarli con un pugno o riempirli di proiettili. I nemici rossi, corazzati, possono essere eliminati solo in questo modo, congelandoli e poi finendoli, mentre i blu possono essere uccisi semplicemente sparandogli (meglio al petto o alla testa, as always). Qualora fallissimo nel neutralizzarli prima che si avvicinino troppo (corrono e sono dannatamente veloci, dimenticatevi gli zombi di Resident Evil) proveranno a sottometterci in una presa che ci prosciugherà lentamente i punti vita. Grazie a un rapido QTE potremo liberarci ma, essendoci spesso ben più di un nemico a cercare di farci la pelle, spesso finiremo direttamente tra le braccia di un altro mostro, e assolutamente non in senso romantico.

I Decoy ascitici, invece, sono più statici ma, visti i loro evidenti problemi gastrointestinali, useranno come arma il loro vomito elettrico, con una mira incredibile, capace di colpirci anche a molti metri di distanza e, anche se non subiremo molti danni, verremo fatalmente rallentati, il che non giova visto che la nostra Delila, nonostante l'aspetto snello e sportivo, ha la stessa agilità di un tronco di legno. Entrambe queste tipologie di mostri, animati da una particolare forza elettromagnetica, alla morte possono rilasciare una sfera di questa energia che si sposterà alla ricerca di un altro cadavere da rianimare nelle vicinanze, o un altro mostro da potenziare. Per impedire questa epidemia di resurrezioni potremo sparare un proiettile congelato alla sfera per farla dissolvere nell'aere. Semplice no?

No.

Intanto perchè dobbiamo ancora parlare degli Sparker, i nemici più temibili del gioco: non solo sono in grado di rianimare cadaveri e potenziarli a loro piacimento, ma sono anche in grado di ucciderci in un solo colpo, qualora si avvicinino più del dovuto. È vero, sono lenti e offrono una hitbox più che generosa ma, come anche i Decoy e i Decoy ascitici, godono di una particolare proprietà, conferitagli dalla RAM77: possono teletrasportarsi, rapidissimamente. Ci troviamo dunque in una situazione di combattimento in cui alla nostra Delila è stata garantita la mobilità di un'agilissima novantenne, mentre ai nemici una rapidità ben al di fuori del comune. Anche l'arma che in teoria dovrebbe ribaltare gli equilibri, il Frost Grip, agisce troppo lentamente, portandoci spesso a venire danneggiati da nemici mezzi congelati. 

 

 

Cambiare le armi è un'operazione lenta, ricaricare (sebbene sia stata abbandonata la meccanica di ricarica di Daymare 1998) è un'operazione lenta, CORRERE VIA è un'operazione lenta (ma non pensate di scappare dai fight come in Resident Evil, sono quasi tutti inevitabili), aspettare che la carica del Frost Grip si ripristini è un'operazione lenta (anche se è possibile velocizzarla con degli oggetti disponibili però in quantità molto limitate). Sembra quasi di combattere sott'acqua, contro degli esseri che invece si trovano perfettamente a loro agio in quell'ambiente e sono oltretutto in superiorità numerica, attaccando spesso anche da direzioni opposte. Per non parlare dei nemici nascosti dietro gli angoli che non ci lasciano minimamente il tempo di reagire: abbiamo criticato Hidetaka Miyazaki nei Souls e critichiamo lo studio romano per questa scelta in Daymare 1994, un modo assolutamente troppo "cheap" per tentare di spaventare il giocatore ma soprattutto "rosicchiare" qualche punto vita senza che possa far nulla a riguardo. La situazione migliora un po' verso il finale, accumulando miglioramenti per le armi e soprattutto per il Frost Grip. Il fucile a pompa rimane comunque estremamente superiore alla mitraglietta, che necessita di troppi colpi per atterrare un nemico e non presenta il minimo potere d'arresto, con i mostri che continuano a correre beatamente anche sotto una gragnola di colpi alla testa.

 

 

Citiamo soltanto brevemente la boss-fight, senza voler spoilerare troppo: deludente, frustrante, fastidiosa. Basta così.

 

Tecnicamente parlando

 

Abbiamo testato Daymare 1994 Sandcastle sulla seguente configurazione:

 

AMD Ryzen 7 3700x @ 3.60 GHz

Gigabyte RTX AORUS Master 3080 Ti 12Gb

Corsair Vengeance RGB RT 32GB DDR4 3600MHz

Monitor LG 34GN850 a risoluzione 3440x1440 (21:9)

 

Dal punto di vista tecnico il titolo ci ha soddisfatto: scenari di qualità e ricchi di particolari, modelli dei personaggi che rappresentano un netto passo in avanti rispetto al prequel, il tutto condito a un'ottimizzazione di tutto rispetto che porta il titolo a mantenere 120fps (il titolo è lockato a questa frequenza) quasi fissi. Certo, il fatto che gran parte dello schermo sia avvolto nell'oscurità aiuta, ma ciò non toglie che in molte sezioni e anche durante le scene d'intermezzo, la sensazione di star giocando a un titolo inedito della celebre saga horror di Capcom c'è tutto. Un po' troppo derivativo? Forse si, ma il team sembra esserne consapevole, avendo inserito diversi easter egg in onore della serie di Shinji Mikami all'interno dell'Area 51.

 

 

Peccato che, sempre nelle scene di intermezzo, le animazioni facciali, e soprattutto il labiale, facciano ancora molto desiderare, risultando parecchio arretrati anche per un titolo che vuole riesumare la gloria dei survival horror anni '90. Malino anche il doppiaggio, esclusivamente inglese, che alterna performance sufficienti ad altre abbastanza grottesche e svogliate. Ottimo invece il sonoro: brutale, viscerale, vibrante. È lui il protagonista di molte sezioni e così dovrebbe essere. Unico appunto: giocare sui jumpscare delle lampadine che si rompono va bene, ma un paio di volte, non di più, è pur sempre un mezzo abbastanza scontato...

 

In conclusione

 

Daymare 1994 Sandcastle rappresenta, a nostro parere, un discreto passo in avanti rispetto al precedente capitolo, che poi sarebbe cronologicamente il sequel. Se forse il salto qualitativo non raggiunge comunque le aspettative, non è assolutamente da bocciare l'opera di Invader Studios, che architetta una buona storia, coerente con le vicende di Keen Sight ma apprezzabile anche dai neofiti, peccando un po' di ingenuità su alcune scelte di gameplay. Tutto sommato un survival horror godibile se non si hanno particolari pretese, e soprattutto se si riesce ad evitare di paragonarlo costantemente alla più blasonata saga di Resident Evil, a cui il team si è evidentemente ispirato, a volte però andando anche un pelo oltre l'ispirazione. Costruire le fondamenta di una saga appoggiandosi troppo a un rivale celebre potrebbe essere una scelta rischiosa, un'arma a doppio taglio, ma a noi non resta che aspettare e vedere cosa ci riserverà il futuro di questa IP.

 

6.8Voto KotaWorld.it7Grafica5Gameplay8.5Ottimizzazione

 

 

 

 

 

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