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Ripout - Uno shooter cooperativo ancora troppo acerbo e anonimo
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Ripout - Uno shooter cooperativo ancora troppo acerbo e anonimo

 

È dai lontani tempi di Left 4 Dead e del suo sequel che vago alla ricerca di un'esperienza cooperativa horror di pari calibro. Sul mercato le alternative non mancano di certo: dal discreto ma sfortunato Back 4 Blood al longevo Killing Floor 2, passando per meteore come Alien Fireteam Elite o Warhammer 40k Darktide. Redfall non lo considereremo nemmeno per ovvie ragioni, che trovate nella nostra recensione.

E poichè nessun titolo è ancora riuscito a pareggiare l'esperienza superba offerta dal titolo di Valve, io continuo a vagare, gettandomi a capofitto su ogni titolo che possa, anche lontanamente, farmi intravvedere uno spiraglio di quelle sensazioni a lungo sopite. Ecco perchè, appena se ne è presentata l'occasione, ho deciso di provare Ripout, shooter cooperativo horror sviluppato da Pet Project Games e da poco disponibile in accesso anticipato su Steam.

L'esperienza di gioco è ancora abbastanza cruda, siamo pur sempre agli albori del processo di sviluppo, ma abbiamo comunque constatato che purtroppo, alla fine dei bui e dedalici corridoi in cui Ripout è ambientato, non traspira affatto quel barlume di luce che mi aspettavo. Andiamo a vedere perchè...

 

 

 

Emigrati tra le stelle

 

Le premesse di Ripout, per quanto estremamente ininfluenti ai fini del godimento del gioco nel suo complesso, sono quantomai attuali: in un futuro non molto lontano, l'umanità si trova alle prese con la carenza di materie prime per la sua sussistenza e con i conseguenti inevitabili conflitti per il loro approvvigionamento. Tutto farebbe pensare che si stia parlando dei giorni nostri, se non fosse per l'aggiunta di una flotta aliena che, passando per caso dalle parti della Via Lattea, decide, per spregio, di invadere il nostro povero pianeta blu. Quando si dice la fortuna, eh?

L'umanità, sconfitta, prepara in fretta e furia una migrazione di massa, costituendo una massiccia flotta che abbandona il pianeta alla ricerca del "Sanctuary", un luogo tra le stelle dove sopravvivere e prosperare nuovamente. Ma le cose purtroppo non vado come sperato: "The Cell", una speciale arma biologica sviluppata per combattere gli alieni, si rivolta contro i suoi stessi creatori, generando mostruosi mutanti all'interno delle navi della flotta, decimando letteralmente ciò che resta dell'umanità durante il viaggio verso la salvezza.

L'unica speranza ricade su di noi, un soldato risvegliatosi dal criosonno in una piccola nave miracolosamente indenne. Il nostro obiettivo è recuperare tutti gli indizi lasciati dall'umanità morente per trovare e finalmente raggiungere il "Sanctuary", al termine dei 5 atti che compongono la campagna del gioco. 

 

Sterminatori porta a porta

 

Il gameplay loop di Ripout è abbastanza lineare e già visto in molti altri titoli simili: imposteremo la missione da completare sulla nostra navicella, completeremo l'incarico e torneremo a "casa" con il nostro loot. Il problema è che, così com'è al momento, il sistema non gratifica ma, anzi, annoia molto presto.

 

 

I "livelli" sono tutti uguali: essendo ogni missione ambientata su una diversa nave spaziale della flotta in fuga dalla Terra è difficile aspettarsi qualcosa di diverso, e la realizzazione procedurale, che dovrebbe a detta degli sviluppatori garantire rigiocabilità infinita, non fa che accentuare il problema. Proprio come è successo a Bethesda con Starfield, la generazione procedurale degli ambienti di gioco rende questi ultimi in molti casi spogli e ridondanti: non avete idea di quante volte, nel tentativo di esplorare a fondo un livello, ci siamo ritrovati nei medesimi cul de sac vuoti, che offrivano come unica ricompensa la perdita di tempo per averli raggiunti.

Non c'è assolutamente varietà sufficiente, neanche negli obiettivi, che sono sempre i soliti: attiva il terminale, ottieni il campione, ruba la keycard etc etc...Il che sarebbe anche accettabile se il senso di progressione e il loot ottenuto dalle missioni ingolosisse il giocatore. Non è questo però il caso, visto che il "loot" consiste esclusivamente in materiali per craftare armi o oggetti di vestiario una volta tornati alla nostra nave. E il design di questi ultimi lascia davvero molto a desiderare...

 

 

Il titolo poi si propone come uno shooter cooperativo e, dobbiamo dire il vero, il gioco in cooperativa non presenta particolari problemi, sia con giocatori random che con amici. È però possibile giocare anche in singleplayer (e anche offline, alla faccia di quella piaga dell'always online), ed è impossibile non notare come il titolo sembri in realtà riuscire meglio come esperienza in singolo che cooperativa. Non avere un wingman ci obbliga ad avanzare cautamente nei livelli, tendendo le orecchie per ogni singolo rumore e sobbalzando ad ogni jumpscare (la maggior parte dei quali gratuiti e insensati). Ci ha ricordato, in un certo qual modo, le sensazioni provate con GTFO, titolo in cui la presenza di compagni di squadra aiuta a mitigare il carico incredibile di tensione che si può accumulare giocando da soli. Allo stesso modo, avere uno o più amici con cui esplorare le navi derelitte in Ripout, magari ridendo e scherzando in cuffia o, ancora peggio, un giocatore random che sputa sentenze in una lingua sconosciuta, secondo noi rovina un po' l'esperienza più tesa e cruda regalata dal giocare in solitaria.

 

Il fucile è il migliore amico dell'uomo

 

Il gunplay è purtroppo un altro elemento che si aggiunge alla mediocrità generale del titolo. Come già anticipato le armi hanno un design poco ispirato e ripetitivo e anche il feedback dato dal loro impiego non è per nulla impattante. Per quanto si parli di progetti con budget non assolutamente comparabili, dopo aver provato la goduria di sbudellare e dilaniare demoni in Doom e Doom Eternal risulta difficile trovare appagante lo shooting di Ripout: i nemici non reagiscono quasi per nulla ai colpi che si conficcano nelle loro carni e, in più, sussistono dei problemi di bilanciamento quasi sacrileghi. In un titolo che ricorda così da vicino Doom 3, per certi versi, non è tollerabile che lo shotgun sia letteralmente inutile e superato in quanto a danni da una misera pistola.

 

 

In soccorso del titolo, che forse stiamo bastonando un po' troppo severamente, giunge uno degli elementi di design più interessanti che abbiamo visto in un FPS negli ultimi anni: la Pet Gun. Ogni arma primaria a nostra disposizione vedrà convivere con lei in simbiosi una creatura con delle vibes squisitamente xenomorfiche. Oltre a poterlo accarezzare e coccolare (solo questo varrebbe un 10/10 secco), questo simpatico mostriciattolo si rivelerà il nostro miglior compagno sul campo di battaglia: il pet potrà scannerizzare l'ambiente per individuare il loot, lanciarsi addosso ai nemici danneggiandoli e distraendoli oppure, e soprattutto, impadronirsi di moduli senzienti che vagano per ogni nave che potremo assorbire garantendoci dei bonus temporanei molto interessanti.

 

 

Potremo ottenere infatti delle modalità di fuoco secondarie, degli attacchi melee devastanti, la possibilità di curarci autonomamente o teletrasportarci a breve distanza. Questo garantisce una buona varietà durante gli scontri a cui saremo spesso obbligati a ricorrere visto la generale scarsità di munizioni. I ragazzi di Pet Project Games hanno pensato di inserire anche elementi più tipici dei roguelike alla formula: troveremo infatti in giro per le navi dei terminali che ci permetteranno di scegliere uno tra tre perk proposti (aumento danni arma, aumento velocità ricarica, aumento HP etc...), il che sarebbe anche interessante se non fosse che la breve durata di ciascuna missione (10-15 min al massimo) li rende davvero superflui. Ma secondo noi ciò non deve spingere ad allungare il tempo di durata delle missioni che, a nostro parere, è perfetto così, garantendo la possibilità di "raid" rapidi e che non si dilungano eccessivamente, ottimi per fare un paio di partite veloci quando si ha un attimo libero.

 

Aspetto tecnico

 

Per essere un titolo in accesso anticipato, Ripout dimostra una notevole stabilità e delle performance eccellenti. In questo è aiutato ovviamente da un comparto grafico appartenente forse più alla scorsa generazione che all'attuale, ma che risulta comunque funzionale al contesto. Come quello di armi e vestiario, anche il design dei mutanti non è sicuramente dei migliori, offrendo peraltro una scarsa varietà di entità da massacrare.

L'architettura dei livelli, poco ispirata e ripetitiva, non è per niente aiutata dalla generazione procedurale, anzi. Il tutto risulta poi a schermo "sgranato", con una nebbia persistente che forse è una citazione nascosta a Silent Hill, ma finisce solo per peggiorare ulteriormente le nostre diottrie, visto che per gran parte del tempo dovremo girovagare comunque al buio.

 

 

Ottimo il sonoro dal punto di vista degli effetti audio, molto meno per quanto riguarda la colonna sonora (il buon Eughenos, con cui ho testato il titolo, addirittura non si era accorto che fosse presente).

 

In conclusione

 

"Ripout non è un brutto gioco e non è un bel gioco, sa solo quello che non è" semi-cit.

Il suo essere in early access consente di avere più o meno speranze sul suo futuro e questo dipenderà in gran parte dal lavoro che i ragazzi di Pet Project Games avranno intenzione di dedicare alla loro creatura. Come d'abitudine, noi di Kotaworld non applichiamo voti ai progetti in divenire ma, se proprio dovessimo accennare una valutazione per questo FPS, allo stato attuale probabilmente la sufficienza sarebbe ancora parecchio lontana, visto anche il prezzo d'accesso richiesto non proprio bassissimo (24,99€ al momento della pubblicazione). A meno che non vogliate aiutare gli sviluppatori finanziando il progetto, il consiglio è quello di attendere ancora un po', nella speranza di vedere questo shooter acquisire una forma, e soprattutto un'identità, più caratteristiche e funzionali.

 

 

 

 

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