Ripensando ai giorni delle scuole elementari, mi viene in mente una scena tanto divertente quanto istruttiva: ogni volta che la maestra doveva assentarsi brevemente dalla classe, incaricava uno di noi del ruolo di guardiano del silenzio. Il prescelto, un improvvisato 'fonometro umano', aveva il compito di vigilare sul livello di rumore, segnando eventuali chiacchiere e schiamazzi. Ovviamente, il povero sorvegliante finiva subito al centro di ogni sorta di pressione, minaccia e persino tentativi di corruzione: ognuno di noi sperava che la trasgressione potesse passare inosservata, evitando così il rimprovero della maestra al suo ritorno. Giocando a A Quiet Place: The Road Ahead per preparare la recensione, non ho potuto fare a meno di rievocare questa memoria: un misto di nostalgia e sorriso, ma anche un pensiero alla funzione educativa del gioco stesso. Quel 'gioco del silenzio' era, infatti, un piccolo capolavoro di responsabilizzazione: riusciva a trasformare il compito in un'esperienza condivisa, efficace, e tutto sommato divertente.
La premessa di A Quiet Place: The Road Ahead, l’ultima fatica dei talentuosi sviluppatori italiani di Stormind Games, sembrava promettere un’esperienza di gioco altrettanto coinvolgente. Ispirato agli omonimi film della saga horror, il gioco ci proietta in un universo spaventoso e atmosferico, dove l’elemento sonoro, proprio come nel compito del fonometro umano, ha un peso centrale. I giocatori sono chiamati a muoversi in ambienti dominati dal silenzio, sfruttando il potere immersivo del suono e una grafica dettagliata che intensifica ogni istante di tensione. Sulla carta, un'esperienza che ha tutte le carte per essere intensa e memorabile.
Purtroppo, l'illusione di trovarsi in un mondo terrificante si spezza dopo qualche ora di gioco. Il ritmo, che inizialmente avvince, si fa presto ripetitivo e stancante, trasformando quel che dovrebbe essere un'esperienza carica di suspense in un meccanismo frustrante e, ironicamente, silenzioso anche nell'anima. Il mondo di A Quiet Place si rivela non tanto spaventoso quanto monotono: al posto dell’adrenalina, rimane solo la noia e la ripetitività di "puzzle" e sezioni tutte uguali, e l’atmosfera perde quel carico emotivo che inizialmente ci aveva spinti ad addentrarci nell’oscurità.
Cosa potrebbe andare storto?
Nei panni di Alex, una giovane donna asmatica che si trova ad affrontare una gravidanza in un mondo devastato, i giocatori intraprendono un viaggio che va ben oltre la sopravvivenza. Sono trascorsi quattro mesi dall'arrivo degli alieni, un evento che ha gettato la Terra nel caos e ha lasciato solo brandelli di ciò che un tempo era la civiltà. In questo scenario cupo e desolato, Alex scopre di aspettare un figlio dal fidanzato Martin. La notizia della gravidanza, invece di unire il gruppo di sopravvissuti che li circonda, costituito principalmente da Kenneth, padre di lei, e Laura, madre di lui, crea tensioni e profonde spaccature, esacerbate da decisioni difficili e dal peso di responsabilità impreviste. Cosa potrebbe mai andare storto?
Dal punto di vista narrativo, A Quiet Place: The Road Ahead delude le aspettative, risultando scialbo e privo di autentico coinvolgimento. I personaggi sono così dimenticabili che è difficile provare vera empatia nei loro confronti, mentre il ritmo è gestito in modo così incerto che sembra quasi vacillare sotto il peso della propria premessa. Il potenziale per una storia potente e avvincente era sicuramente presente, ma è disatteso fin dalle prime battute, portando a una sorta di disavventura che si percorre più per inerzia che per vera curiosità o coinvolgimento.
Il problema centrale risiede proprio nella costruzione del personaggio che impersoniamo. Alex, una giovane donna incinta e affetta da asma, è già in una situazione incredibilmente vulnerabile, condizioni che avrebbero richiesto una rappresentazione narrativa più curata e attenta. In un contesto di sopravvivenza come quello di A Quiet Place, il peso di questi fattori dovrebbe essere tangibile e avere una forte influenza sulle sue scelte e motivazioni. Purtroppo, invece, il gioco sembra ignorare la logica e la coerenza di questi elementi chiave, lasciando Alex priva di una solida base narrativa che giustifichi le sue azioni e la sua decisione di esporsi volontariamente al pericolo.
Per evitare spoiler, basti sapere che le scelte di Alex sono incredibilmente imprudenti, prive di un vero motivo che possa giustificare il rischio estremo a cui si sottopone. Così, ci si ritrova a passare da un livello all’altro, senza sentirsi mai realmente immersi o partecipi, come se il viaggio fosse più un obbligo che un'avventura. La sensazione è quella di trascinarsi da un punto all'altro, in luoghi e situazioni che sembrano assemblati solo per mettere Alex in pericolo, senza un vero criterio logico. La costruzione della suspense diventa quindi artificiosa, ogni momento di apparente speranza viene immediatamente smontato, trasformando il tutto in una sequenza ripetitiva e prevedibile, priva di vera tensione.
Invece di costruire una progressione narrativa credibile, che tenga conto delle vulnerabilità di Alex e renda la sua lotta per la sopravvivenza un’esperienza toccante e autentica, il gioco ricorre a minacce forzate e situazioni che sfidano la sospensione dell'incredulità. I pericoli che Alex incontra, e da cui sembra miracolosamente sfuggire, sono così inverosimili che ci si trova a mettere in discussione la plausibilità di ogni scena. In un contesto realistico, una persona con le sue fragilità difficilmente sopravvivrebbe anche solo per pochi minuti all'esterno; invece, Alex si fa strada tra i letali Angeli della Morte come se la sua condizione non influisse minimamente.
L'apocalisse del WD-40...
Dal punto di vista del gameplay, A Quiet Place: The Road Ahead ci immerge in un’esperienza horror in prima persona che richiama i giochi di sopravvivenza stealth come Outlast o Alien: Isolation. Qui, il giocatore non ha alcun mezzo per difendersi realmente dagli Angeli della Morte, creature inesorabili e letali. L’unica possibilità è nascondersi, muoversi silenziosamente e sfruttare (o meglio evitare) ogni elemento dell’ambiente per non attirare l’attenzione. Il senso di vulnerabilità è costante, poiché il minimo errore può portare a un incontro mortale.
Il mondo di gioco è disseminato di elementi che enfatizzano questa lotta contro il rumore. Alex è, in sostanza, una "fonte di rumori in movimento": ogni passo, ogni movimento, rischia di trasformarsi in un suono che può richiamare l’attenzione degli alieni. Il gioco introduce un'incredibile varietà di ostacoli rumorosi che mettono a dura prova la nostra capacità di essere furtivi. Tra bengala, torce manuali, pozzanghere, tappeti di foglie autunnali che scricchiolano, barattoli di latta che rotolano, barili metallici, porte, chiavistelli e sportelli che non hanno mai visto una lattina di WD-40 in vita loro, ogni piccolo dettaglio sembra progettato per creare suspense, forse anche in maniera eccessiva.
L’esperienza, sebbene inizialmente stimolante e capace di generare momenti di vera tensione, rischia però di risultare ripetitiva nel lungo termine, poiché la continua enfasi su questo stile di gioco ‘a nascondino’ può alla fine far affiorare un senso di frustrazione, specie quando gli alieni sembrano sordi di fronte ai rumori di distrazione da noi provocati, per poi inesorabilmente localizzarci per colpa di un pezzettino di vetro sbriciolato sotto la suola delle nostre scarpe. La continua necessità di evitare il rumore diventa estenuante, così come la necessità di svolgere qualsiasi azione a passo di lumaca.
Anche il design dei livelli risente di alcune scelte discutibili: in un mondo dove ogni suono può significare la morte, ci si aspetterebbe un’attenzione meticolosa al silenzio e ai movimenti precisi. Tuttavia, in A Quiet Place: The Road Ahead, sembra che ci sia una sorta di contraddizione di fondo: lattine di metallo, rifiuti e oggetti rumorosi sono disseminati ovunque, quasi come se tutti avessero abbandonato la propria prudenza e gettato a terra il cibo in scatola appena possibile. La presenza di questi barattoli è una trappola continua: basta sfiorarne uno per farlo cadere, provocando un frastuono che può attirare i Death Angels.
Ogni nuova area sembra inoltre costruita con un chiaro intento: costringere i giocatori a muoversi in uno spazio disseminato di trappole sonore su cui i Death Angels possono focalizzarsi. Tuttavia, con il progredire dell’avventura, questo sistema inizia a mostrare i suoi limiti e, paradossalmente, diventa un problema anche per i nemici stessi. Quando i Death Angels sono costretti a fungere da minaccia costante in un’area, le loro stesse hitbox, voluminose e ingombranti,finiscono per innescare i suoni ambientali, allertandoli di continuo e rompendo l’immersione, oltre a generare momenti frustranti.
Questa scelta, combinata con la costante presenza di "sound cues" che segnalano il livello di allerta dei Death Angels, si traduce in un effetto sonoro quasi permanente che diventa un sottofondo onnipresente, soprattutto nelle sezioni finali. Invece di amplificare la tensione, l’effetto è una sorta di cacofonia che riduce il peso delle minacce, trasformando quella che dovrebbe essere una colonna sonora di tensione in un rumore di fondo che rischia di assuefare il giocatore, privandolo di quella suspense necessaria a tenere viva l’attenzione.
Alla lunga, l’esperienza perde così il suo impatto: l’assenza di momenti di silenzio che permettano un vero contrasto acustico mina l’atmosfera horror e rende il comportamento dei Death Angels prevedibile. L’uso eccessivo dei segnali sonori, invece di rendere il mondo più immersivo, finisce per svelarne la struttura meccanica, esponendo la ripetitività delle interazioni e il limite di un design che poteva essere più vario e incisivo.
...e del Ventolin
La protagonista, come già detto, è affetta da asma, e ogni minimo sforzo finisce per intaccare le sue capacità respiratorie: quando il livello di stress raggiunge il limite, scatta un Quick Time Event (QTE) che deve essere superato per evitare una crisi d’asma che altrimenti attirerebbe tutte le creature vicine. Questa meccanica, concepita per aggiungere tensione, si rivela ben presto una fonte di frustrazione. A eccezione del semplice camminare, letteralmente ogni azione, dal raccogliere un oggetto al nascondersi dietro un ostacolo, alimenta l'indicatore di asma, costringendo il giocatore a stare costantemente in guardia. Purtroppo, l'asma finisce per essere solo un espediente narrativo di disturbo, non realmente integrato nel gameplay, simile alla gravidanza di Alex, che almeno non interferisce con il gioco. Alla lunga, questo indicatore respiratorio diventa un peso, riducendo la tensione iniziale in mera esasperazione.
A peggiorare la situazione è un’intelligenza artificiale che rende i Death Angels "scriptati" in modo frustrante. Nonostante siano ciechi, i nemici appaiono magicamente nei luoghi più scomodi per il giocatore, anche quando ci si muove nel massimo silenzio. Questo riduce l’esperienza di gioco a un confronto ancora più impari: non importa quanto cautamente si proceda, i Death Angels finiranno inevitabilmente per piazzarsi proprio nel nostro cammino. Il ripetersi di queste situazioni mina il senso di immersione e di controllo, portando il giocatore a perdere interesse e a smettere persino di cercare di evitare i rumori.
Non aiuta il fatto che The Road Ahead sblocchi meccaniche aggiuntive in modo disorganizzato, senza coerenza. Per esempio, solo a metà gioco viene sbloccata la possibilità di lanciare oggetti per distrarre i Death Angels, un’azione che ci si aspetterebbe di poter usare liberamente una volta introdotta. Invece, mattoni e bottiglie appaiono solo quando richiesto dalla narrazione e in molti casi servono a un singolo scopo specifico. Questo approccio, che di fatto spezza l’immersione con tutorial anche a cinque minuti dal termine del gioco, accumula nuove meccaniche senza mai integrarle davvero in modo duraturo. Il giocatore si ritrova in una successione di micro-lezioni, ciascuna basata su un’abilità temporanea che sparisce subito dopo essere stata introdotta, senza lasciare spazio a strategie più dinamiche o diversificate.
In definitiva, il gioco fallisce nell’offrire una varietà di opzioni per sfuggire ai Death Angels. L’unico approccio resta sempre quello: muoversi accucciati, sperare di non produrre rumori e pregare che le creature non pattuglino esattamente la zona in cui ci si trova. L’esperienza, che avrebbe potuto essere una tensione psicologica sostenuta, diventa così un ciclo ripetitivo di meccaniche limitanti, svelando ben presto la rigidità di un design che soffoca ogni potenziale suspense in favore di una prevedibilità monotona.
Tecnicamente parlando
Abbiamo testato A Quiet Place: The Road Ahead sulla seguente configurazione:
AMD Ryzen 7 3700x @ 3.60 GHz
Gigabyte RTX AORUS Master 3080 Ti 12Gb
Corsair Vengeance RGB RT 32GB DDR4 3600MHz
Monitor LG 34GN850 a risoluzione 3440x1440 (21:9)
Se c’è un elemento che riesce a distinguersi in A Quiet Place: The Road Ahead, è sicuramente quello grafico. Dal punto di vista visivo, il gioco offre un risultato coerente e curato: i modelli dei personaggi e gli ambienti sono dettagliati, e il sistema di illuminazione con le sue ombre crea un'atmosfera cupa e inquietante che si adatta perfettamente all'universo di A Quiet Place. Sebbene si notino alcune imperfezioni nei dettagli lontani, la fedeltà grafica è notevole e riesce a catturare lo sguardo. Gli Angeli della Morte, in particolare, sono resi magnificamente, con un aspetto minaccioso e sinistro che li rende visivamente affascinanti e inquietanti al tempo stesso. Tuttavia, alcune location soffrono di un effetto "scenografico", risultando più simili a set cinematografici che a luoghi reali, cosa che può minare ulteriormente l’immersione.
Il comparto audio è in gran parte riuscito, grazie a un sound design che, nella sua semplicità, riesce a costruire un’atmosfera di costante tensione. L’uso del suono, o meglio, del silenzio, è essenziale per immergere il giocatore nell’universo del gioco. Tuttavia, come già citato precedentemente, alcuni effetti audio sono così ricorrenti e meccanici da risultare stancanti. Il problema principale sta nei ripetuti "tonfi musicali" che accompagnano ogni apparizione improvvisa della creatura: che un Death Angel sfondi un muro, compaia su un tetto o si accorga di un mattone lanciato senza trovare nessuno, il gioco fa ricorso a questi jumpscare sonori in modo eccessivo e prevedibile. Invece di costruire una tensione autentica, questi suoni diventano un espediente abusato, rompendo la suspense e rendendo l’esperienza più monotona che angosciante.
In conclusione
A Quiet Place: The Road Ahead si presenta con un’idea promettente e un comparto grafico notevole che cattura le atmosfere cupe dell’universo originale. Tuttavia, le carenze narrative, l'intelligenza artificiale prevedibile e un design delle meccaniche che privilegia la frustrazione anziché la suspense, rendono il gioco un'esperienza che perde presto il suo fascino. Il sistema di controllo del rumore, anziché aggiungere tensione, spesso esaspera, con un'asma che diventa un fastidio più che una caratteristica, e un sound design che abusa dei jumpscare. Alla fine, quello che doveva essere un viaggio immersivo in un mondo post-apocalittico si rivela una ripetizione di azioni forzate, mancando di quella varietà e cura che avrebbero reso il gioco memorabile.
6.3Voto KotaWorld.it8Grafica4Gameplay7Ottimizzazione