Nel lontano 2001 lo studio di sviluppo koreano Sonnori rilasciava White Day: A Labyrinth Named School (d'ora in poi abbreviato White Day), un survival horror in prima persona per PC, talmente terrificante da costringere (pare) alcuni giocatori a implorare lo studio di sviluppo di renderlo meno pauroso per poterlo finire. Queste dicerie, più il fatto che il titolo rimase a lungo confinato nel paese d'origine, contribuirono a creare un alone di mistero attorno a White Day e a renderlo un titolo iconico del genere survival horror di stampo asiatico. L'interesse attorno al titolo ha portato a due remake per dispositivi mobili, nel 2009 e nel 2015, sviluppati da ROI Games. Nel 2016, infine, abbiamo il primo sbarco in occidente, dapprima con il remake mobile e infine con un porting per Playstation 4 e PC, grazie al publisher PQube. L'epopea di White Day si conclude quindi ai giorni nostri, quando la stessa PQube ha portato in Europa una versione rivista e migliorata su PC, Nintendo Switch, Playstation 5 e Xbox Series S|X. Noi abbiamo giocato la versione Switch grazie a una copia gentilmente fornita dal publisher e, lasciatecelo dire, le piccole dimensioni dello schermo della console Nintendo non sono bastate a rendere meno grandi gli spaventi che ci siamo presi.
Sono piccoli problemi di cuore
In queste giornate di metà settembre, giocando a White Day anche noi di Kotaworld siamo tornati a scuola: prenderemo infatti il controllo di Hee-Min Lee, uno studente che si è appena trasferito alla Yeondu High School e manco a dirlo si è preso una cotta per la tanto bella quanto misteriosa So-Young Han, la ragazza più popolare del liceo. Nel filmato introduttivo iniziale vediamo il povero Hee-Min venire tragicamente ignorato dall'altezzosa So-Young nei giardini della scuola, ma non tutto è perduto: allontanandosi in tutta fretta da noi, la bella So-Young dimentica il suo diario. L'amore, si sa, fa fare cose strane, e Hee-Min decide quindi di recarsi a scuola dopo le lezioni, alle 22:00 in punto, per lasciare sul banco di So-Young il suo diario e aggiungere un piccolo regalo in occasione del White Day che si sarebbe celebrato il giorno successivo.
Piccolo intermezzo educational sul White Day: è un'usanza giapponese, poi importata anche in Corea del Sud, collegata a San Valentino e si tiene infatti esattamente a un mese di distanza. In sostanza nel giorno di San Valentino la ragazza offre un regalo al suo amato (tradizionalmente cioccolato), un mese dopo, il 14 marzo, se l'amore è ricambiato sta al ragazzo fare un regalo alla sua amata, solitamente di valore tre volte maggiore (alla faccia della gender equality). Sta di fatto che intrufolarsi nella scuola di notte si rivelerà un'esperienza indimenticabile nel senso più negativo possibile del termine per il povero Hee-Min, costretto non solo a inseguire un amore impossibile, ma anche a farsi inseguire da bidelli assassini e entità paranormali.
Gran parte della tragica storia dietro al liceo Yeondu ci verrà narrata sotto forma di documenti che troveremo in giro per i corridoi e attraverso brevi conversazioni che avremo con altre due ragazze che incontreremo quasi subito, Sung-A Kim e Ji-Hyeon Seol (ma che ci fa tutta sta gente a scuola di notte!). Ciascuna conversazione che avremo con loro ci metterà di fronte a scelte di dialogo che influenzeranno il corso degli eventi, senza alterare di fatto l'esperienza di gioco generale, ma semplicemente indirizzandoci verso uno degli otto finali che ci potranno capitare, un replay value assolutamente notevole visto e considerato che il titolo originale è uscito più di 20 anni fa.
Un puzzle game travestito da horror
Il gameplay di White Day: A Labyrinth Named School si basa sull'esplorazione delle varie aree della scuola, interagendo con oggetti e risolvendo enigmi per riuscire a fuggire dalla trappola mortale che è il liceo Yeondu. C'è da dire che sebbene il titolo presenti 4 livelli di difficoltà diversi, anche giocando a difficoltà normale ci è spesso sembrato che la componente cervellotica del gameplay superasse di gran lunga quella ansiogena e effettivamente terrorizzante. Capiamoci, il QI dell'asiatico medio è probabilmente superiore a quello del sottoscritto, ma la cosa che più mi ha spaventato giocando a White Day è stato rendermi conto di quanto stupido il gioco mi abbia fatto sentire. Se inizialmente infatti gli enigmi risultano abbastanza lineari seppur mai scontati, verso la fine del gioco si arriva a rompicapi davvero assurdi , che rendono dannatamente frustrante, e non più spaventosa, l'esperienza di gioco.
Come se non bastasse, a metterci i bastoni tra le ruote ci saranno anche i due sanguinari bidelli della scuola, armati di fischietto, torcia e mazza da baseball (si, avete letto bene), con la quale non si faranno molti problemi a "percuoterci" qualora ci dovessero sorprendere a vagare per i corridoi. Il loro incedere lento, accompagnato dal tintinnio delle chiavi appese alla cintura, o dal fischiettio di una melodia monotona, possono inquietare durante i primi incontri, ma diventano ben presto una nenia tediosa e insopportabile, così come la presenza dei sorveglianti stessi, che ci obbliga spesso a attendere il loro passaggio nascosti in uno sgabuzzino. Durante tutta la durata di White Day, infatti, saremo "armati" soltanto di un accendino, imprescindibile compagno per navigare nelle buie aule scolastiche, evitando di accendere le luci e attirare così le indesiderate attenzioni dei bidelli. Se alle difficoltà più basse l'intelligenza artificiale ci da abbastanza spazio di manovra e perdona anche qualche nostro errore grossolano, giocare a difficoltà superiori rende i bidelli dei veri e propri automi, capaci di vedere e udire qualsiasi cosa a chilometri di distanza, e teletrasportarsi immediatamente nelle nostre vicinanze per bastonarci a sangue. E pare che siano pure stati nerfati...
Se il pericolo più pragmatico per la sopravvivenza di Hee-Min è sicuramente quello impersonato dalla componente umana, ovvero i bidelli, la componente soprannaturale invece svolge un ruolo perlopiù secondario: le varie entità che popolano la scuola non possono quasi mai fare del male al nostro alter-ego (fatta esclusione dei boss), ma si limiteranno a spaventare con dei jumpscares più o meno telefonati il giocatore. Gran parte degli incontri soprannaturali sono inoltre scriptati (vanno svolte determinate azioni per spingere il fantasma a rivelarsi) e non intuitive, alcuni encounters inoltre sono esclusivi dei livelli di difficoltà maggiori, privando quindi i giocatori più casual di gran parte dell'esperienza horror che White Day ha da offrire.
Tecnicamente parlando
Sebbene White Day sia riconoscibile come un gioco "di un'altra epoca", si difende ancora bene in termini tecnici, con un porting su Switch che fa il suo sporco lavoro. I modelli 3D sono stati tutti rivisti e sono stati aggiunti anche dei buffi costumi (potete vestire i bidelli da renna di babbo natale, se non merita il GOTY questo...). Il punto di forza del titolo, però, è sicuramente l'audio, che rappresenta l'elemento davvero più immersivo del titolo: il ticchettio della pioggia sulle finestre, gli scricchiolii dei pavimenti in legno e gli improvvisi sbuffi d'aria che impattano sulle finestre creano da soli un'atmosfera inquietante al punto giusto. A questo si aggiunge anche l'impiego di strumenti a corda orientali e canti tradizionali che ci hanno fatto onestamente rabbrividire.
Abbiamo inoltre apprezzato la presenza di un doppiaggio inglese per il pubblico occidentale e, udite udite, la localizzazione dei testi in italiano, tra l'altro in maniera assolutamente impeccabile e per niente approssimativa come siamo, purtroppo, ormai abituati a sopportare. Piccolo grande difetto della versione Switch è sicuramente la difficoltà del controllo della visione con il piccolo stick della console Nintendo, che spesso rende difficile la vita al giocatore, spesso quando ci si trova a dover ispezionare oggetti molto piccoli. La longevità del titolo (circa una decina di ore per una singola run) aumenta sensibilmente qualora vogliate rivelare ciascuno degli otto possibili finali, vedendo tutto ciò che White Day ha da offrire. A noi, pavidi recensori, è onestamente bastata la prima esperienza: nel liceo Yeondu non metteremo più piede.
In conclusione
Il remake di White Day: A Labyrinth Named School è sicuramente un'ottima occasione per approcciarsi a questo iconico titolo survival-horror che, sebbene sfrutti clichè horror ormai datati e meccaniche di gioco un po' vetuste, riesce a offrire comunque un'esperienza di gioco solida e apprezzabile anche dopo 20 anni dall'uscita originale. Un survival la cui natura più profonda è però quella di un puzzle game, con un'offerta di enigmi davvero tosti che alla lunga prendono il sopravvento sul comparto horror vero e proprio, scoraggiando chi è invece alla ricerca di giochi meno cervellotici. La versione Switch da noi provata si difende bene dal punto di vista tecnico, fatta esclusione della poca comodità dei comandi, difetto comune un po' a tutti i giochi in prima persona giocabili sull'ammiraglia Nintendo.
6.8Voto KotaWorld.it7Grafica6.5Gameplay7Ottimizzazione