Dopo aver stuzzicato il nostro interesse durante la sua presentazione ai The Game Awards, abbiamo atteso impazienti di poter mettere le mani sulla versione finale di Scars Above, un mix di sparatutto e gioco d'avventura in terza persona in salsa sci-fi sviluppato dallo studio serbo Mad Head Games e pubblicato da Prime Matter. Purtroppo però, già la demo del titolo aveva contribuito a smorzare, in parte, il nostro entusiasmo. La prova finale, ahinoi, non ha fatto altro che ribadire il concetto e demolire completamente le nostre aspettative.
Fear keeps you sharp
Ci troviamo in un imprecisato prossimo futuro, l'umanità è alle prese con uno dei suoi timori primordiali: il contatto con una civiltà aliena. Questa si manifesta nella forma di un'enorme struttura geometrica, il Metaedro, che orbita sopra la Terra. Un team di SCAR (Spedizione di Contatto, Analisi e Ricerca) composto da scienziati, ingegneri e quant'altro viene inviato per tentare il contatto. Noi, nei panni della Dottoressa Kate Ward, facciamo parte dell'equipaggio della Hermes, la navicella pilotata dagli SCAR. Gli sviluppatori, in fase di presentazione, hanno tenuto a ribadire più volte come Kate sia una scienziata e non un'eroina à la Lara Croft, e tenete a mente queste parole per quando parleremo della componente di gameplay del titolo.
Giunti in prossimità del Metaedro, i quattro membri dell'equipaggio della Hermes e la nave stessa vengono letteralmente scaraventati nello spazio-tempo fino a schiantarsi su un esopianeta, un pianeta extrasolare. Al risveglio, scopriamo che Kate, per qualche motivo, si trova ben distante dal relitto della Hermes e il primo obiettivo sarà dunque quello di raggiungere la nave e scoprire qual è stata la sorte degli altri membri dell'equipaggio. Armata solo di un futuristico machete elettrico, un saldatore riadattato a fucile a impulsi chiamato VERA (qualcuno ha detto Dead Space?) e della sua spiccata intelligenza da scienziata, Kate dovrà farsi strada tra le minacciose e sconosciute lande di questo pianeta, cercando di sopravvivere e allo stesso tempo scoprire per quale motivo il Metaedro ha funzionato come una sorta di teletrasporto.
Il nostro viaggio sarà parecchio lineare (tra l'altro non c'è nemmeno una mappa che ci possa guidare), fatta esclusione per qualche deviazione dal percorso principale per raccogliere oggetti utili ai fini narrativi come log-audio e quant'altro, o ai fini del gameplay, come potenziamenti e cubi di conoscenza di cui parleremo tra poco. Alla linearità del percorso si oppone comunque una buona atmosfera, specie durante i primi passi sull'esopianeta, e qualche scorcio che visivamente si è fatto apprezzare. Per essere proprio brutalmente onesti, l'interesse e la curiosità del voler scoprire dove gli sviluppatori volevano andare a parare con la storia sono diventati, da metà gioco in poi, l'unico motivo che ci ha portato a raggiungere i titoli di coda, allo scoccare della settima ora di gioco.
Una scienziata inaspettatamente violenta
Scars Above aveva attirato la mia attenzione poichè mi sarebbe piaciuto vedere l'approccio di una scienziata a una situazione di emergenza e ostile come quella di un naufragio su un pianeta di cui non si sà nulla. Vedere la nostra Kate sfruttare la sua intelligenza più che la sua capacità combattiva per avere la meglio sulle mostruose creature che abitano l'esopianeta su cui ha avuto la sfortuna di naufragare. Vederla progressivamente prendere confidenza anche con un approccio più violento, magari costretta dalle circostanze e con la goffaggine tipica di chi non ha mai imbracciato un fucile ad impulsi. Già dalle prime istanze di gameplay ho capito di aver preteso troppo da quella che è, alla fin fine, un produzione AA.
Kate non si fa problemi fin dal principio dell'avventura a massacrare a colpi di machete degli schifosissimi aracnidi e elimina con totale freddezza qualsiasi bestia immonda si frapponga tra lei e il suo obiettivo, senza mai dimenticarsi, sia mai, di annotare tutto sul suo data-log, è pur sempre una scienziata diamine! P.S. Il machete lo utilizzerete per i primi 10 minuti di gioco poi vi scorderete addirittura di averlo con voi.
La maggior parte dei combattimenti giocano sulla meccanica degli effetti di stato: all'inizio della nostra avventura avremo solo un fucile a impulsi elettrici, ma più avanti riusciremo a craftare anche un fucile sparafuoco, un lancia-ghiaccio e finanche un fucile a pompa che spara pallettoni di puro acido. Attaccare nemici bagnati o immersi nell'acqua con il fucile a impulsi elettrici potenzierà il danno inflitto e genererà un'area in cui il danno verrà inflitto anche ai nemici vicini; sparare più volte con lo sparafuoco a un nemico lo farà arrostire tra le fiamme causando danni in più; usare il lancia-ghiaccio su un nemico bagnato ne faciliterà il congelamento. Meccaniche semplici e tutt'altro che mai viste, a cui si aggiunge anche la meccanica dei punti deboli dei vari nemici che, se colpiti, infliggeranno danni esorbitanti tali, a volte, da one-shottare il povero malcapitato alieno.
Tra le fasi di shooting si interpongono delle fasi simil-esplorative, in cui sostanzialmente proseguiremo nel corridoio che è il mondo di gioco, utilizzando le stesse meccaniche degli effetti di stato per interagire con alcuni elementi dell'ambiente di gioco e facendo attenzione alle varie scorciatoie o vie secondarie che appunto ci possono permettere di ottenere potenziamenti per le nostre armi, gadget o cubi viola della conoscenza.
I cubi viola, in particolare, servono sostanzialmente per accrescere il livello di conoscenza di Kate e farle acquisire dei punti abilità da spendere nel duplice albero delle skill presente: il ramo della xenobiologia e quello dell'ingegneria. Un altro modo per ottenere conoscenza consiste nello scannerizzare i cadaveri di creature sconfitte mai viste prima oppure forme di vita non ostili presenti nell'ambiente di gioco (meccanica che non può non ricordarci, come molti altri elementi del gioco, Returnal, che possiamo finalmente goderci su PC da qualche mese). Non abbiamo trovato le abilità sbloccabili da entrambi i rami particolarmente significative e non è stato neanche necessario scegliere in base al proprio stile di gioco, visto che ben prima di raggiungere la boss-fight finale avevamo già sbloccato tutte le abilità della nostra scienziata.
I gadget, invece, aggiungono un po' di brio durante le fasi di shooting: abbiamo iniettori che ci fanno recuperare salute o ci curano dalle alterazioni di stato, scudi energetici che ci proteggono per breve tempo dai danni, bolle di stasi, fluidi infiammabili...insomma, si vede che gli sviluppatori di idee ne avevano e anche parecchie, peccato per la macchinosità necessaria ad utilizzare i suddetti gadget, che molto spesso ce li fa ignorare preferendo la più immediata bocca di fuoco che imbracciamo.
Scars Above propone tre diversi livelli di difficoltà, con il primo che sostanzialmente è una passeggiata, il terzo un vero e proprio inferno, e la difficoltà di mezzo, chiamata Specialista, che rappresenta una buona via di mezzo, con dei picchi inaspettati di difficoltà che però si riescono in pochi tentativi a superare facilmente. E se si muore? Eh, qui vi volevo. Kate, per un motivo che scoprirete giocando, ha la capacità di tornare in vita presso dei particolari Pilastri che fungono un po' da falò à la Dark Souls: attivandoli recupereremo salute e munizioni e sapremo che, dovessimo sciaguratamente morire, respawneremo qui. Il costo di tutto questo? Il far tornare in vita tutte le mostruosità precedentemente sconfitte. Con l'unica differenza che qui, su Scars Above, l'uccisione dei mostri non ci dà alcun tipo di valuta spendibile, il che rende questa scelta se non altro fuori luogo.
Tecnicamente Parlando
Abbiamo testato Scars Above sulla seguente configurazione a dettagli massimi:
AMD Ryzen 7 3700x @ 3.60 GHz
Gigabyte RTX AORUS Master 3080 Ti 12Gb
Corsair Vengeance RGB RT 32GB DDR4 3600MHz
Monitor LG 34GN850 a risoluzione 3440x1440 (21:9)
Il titolo gira molto bene, mantenendo un framerate estremamente elevato anche a dettagli massimi. Sarà mica perchè il titolo appartiene, di fatto, alla generazione scorsa? Purtroppo, tutto urla prodotto budget: dagli asset anonimi e riutilizzati quà e là, alle texture di bassa qualità, alle animazioni, specie quelle facciali, legnose a dir poco. Qualche volta si riesce, come già detto, ad avere un bel colpo d'occhio a schermo, ma questi momenti si contano davvero sulle dita di una mano. Anche l'interfaccia non brilla per bellezza o facilità d'utilizzo e ci sono alcuni elementi a schermo che disturbano seriamente l'esperienza di gioco, come il numero dei punti abilità che si hanno a disposizione che resta costantemente a schermo, a un paio di centimetri dalla protagonista. Non sono poi assenti bug: quello che ci è capitato più frequentemente, obbligandoci tra l'altro a ricaricare la partita, consisteva nell'incastrarsi della protagonista nei cespugli filiformi dell'esopianeta, davvero fastidioso.
Meglio invece il comparto audio, con un doppiaggio inglese tutto sommato soddisfacente (il gioco presenta sottotitoli in italiano) e delle musiche che riescono a immergerci molto bene nell'atmosfera del titolo.
In conclusione
In medio stat virtus dicevano i latini. Il voler a tutti i costi superare i propri limiti può portare a conseguenze nefaste. Per quanto siamo certi che le intenzioni fossero buone, forse in questo caso i serbi di Mad Head Games hanno peccato un po' di hybris, di tracotanza, o più possibilmente di ingenuità. Il voler inserire in un singolo progetto una gran varietà di idee può essere pericoloso, se poi non si riesce a concretizzarle in un prodotto bello da vedere ma soprattutto da giocare. L'atmosfera, per quanto il tema sia sicuramente abusato, è ben costruita e la storia, tra alti e bassi, si è lasciata seguire, rappresentando forse l'unico motivo per cui abbiamo portato a termine il gioco. Il fatto poi che il titolo giri bene non è un gran punto a favore, insomma, parliamo di un'opera che se la gioca con i titoli di scorsa generazione...
6.5Voto KotaWorld.it6.5Grafica6Gameplay7Ottimizzazione