In un'epoca in cui il media videoludico è quasi perennemente sotto attacco per la sua presunta capacità di plagiare le menti dei più giovani (e non solo) e spingerli a un comportamento indisciplinato e violento, è bello trovarsi oggi a recensire un titolo che sfata questi luoghi comuni estremamente "boomeristi". Sarebbe cosa buona e giusta che l'ennesimo giornalista, o professato tale, del telegiornale o della carta stamapata, prima di esprimere le sue indifendibili opinioni (pur rispettabili in quanto tali, come insegna Voltaire), giocasse Pentiment.
Un titolo che non solo mostra come la violenza è insita nel genere umano ed è presente da ben prima della nascita dei videogiochi, ma soprattutto un gioco che ha la capacità di insegnare, dotato di un'enorme componente didattica, sebbene parte dei suoi contenuti siano immaginari a favor di sceneggiatura.
Pentiment è un'avventura grafica prodotta da un ristretto drappello di 13 sviluppatori esperti provenienti dallo studio Obsidian Entertainment, che sicuramente ricorderete per titoli del calibro di Pillars of Eternity o Fallout: New Vegas, e pubblicato da Xbox Games Studios. Nonostante quindi la caratura dello studio di sviluppo e del publisher, è difficile non pensare a Pentiment come una vera e propria opera d'amore e pura passione prodotta da 13 appassionati (lo stesso Game Director Josh Sawyer si professa grande amante della storia europea).
Un esperimento, in sostanza, nonchè un titolo fortemente di nicchia per via delle sue caratteristiche intrinseche di giocabilità e tematiche trattate. Colpito principalmente dal suo stile artistico fortemente caratteristico, mi sono immerso in un viaggio di circa 20 ore che mi ha portato indietro nel tempo di circa cinque secoli, il tutto grazie a una chiave gentilmente fornitami dal publisher. Il titolo è disponibile non solo su PC, ma anche su console Xbox One, e Xbox Series S|X, con tanto di presenza su Xbox Game Pass fin dal D1 che, per inciso, sarà domani.
Un miniatore investigatore
È il 21 aprile 1518, tra le montagne dell'Alta Baviera è annidata la cittadina immaginaria di Tassing. Il Medioevo, per come oggi storicamente lo conosciamo, è tecnicamente finito da pochi anni e l'Europa si trova in un periodo di grandi sconvolgimenti non solo politici ma anche religiosi. In particolare, in seno al Sacro Romano Impero si stanno propagando a macchia d'olio le tesi di Erasmo da Rotterdam, in pieno contrasto con le fondamenta cristiane dell'Impero e dei membri del suo clero.
Tra riforma protestante Luterana e Calvinista, la fede cristiana sembra essere fortemente in pericolo e Monasteri e Abbazie vengono viste come gli ultimi capisaldi della fede cattolica nei gelidi territori a nord di Roma.
Ed è proprio in una di queste Abbazie che inizia la nostra storia, o meglio quella di Andreas Maler, miniaturista originario di Norimberga che attualmente si trova a Tassing per svolgere un lavoro su commissione dell'Abate di Kiersau, Abbazia che domina il piccolo villaggio di Tassing. Bisogna però ricordare come l'invenzione della stampa a caratteri mobili in occidente, avvenuta pochi anni prima e attribuita all'orafo tedesco Johannes Gutenberg, avesse da tempo messo in serio pericolo la professione di monaci amanuensi e miniaturisti, che vedevano la propria arte, raffinata per anni anche a costo della propria salute, progressivamente destinata a essere messa da parte.
La routine di Andreas è precisamente scandita dal passare delle ore, ore che, sebbene come già detto il Medioevo fosse finito da qualche anno, sono ancora quelle medievali: il Mattutino, durante la notte prima dell’alba, quindi le Lodi all’alba, seguite dall’ora Prima (alle ore 6:00), la Terza (alle ore 9:00), la Sesta (alle ore 12:00), la Nona (alle ore 15:00), i Vespri al tramonto e infine la Completa prima di coricarsi.
La ripetitività delle giornate del miniaturista, che nel frattempo ha stretto un forte legame con Piero, monaco amanuense dell'Abbazia, viene sconvolta dall'arrivo a Kiersau del Barone Lorenz von Rothvogel, in visita per supervisionare un lavoro commissionato proprio al già citato Piero. E così, mentre Andreas si reca allo Scriptorium come ogni mattina, avviene l'incontro tra i due. Per qualche motivo, Andreas suscita subito l'interesse del Barone, e con lui si intrattiene in una lunga passeggiata in cui avremo modo, tramite le scelte di dialogo, di selezionare i tratti di personalità, il percorso di studi e altre inclinazioni che caratterizzano il nostro Andreas.
Tutte queste scelte verranno annotate nel fedelissimo taccuino di Maler, nel quale ritroveremo,oltre a queste, un diario contenente le "missioni" della giornata, una mappa di Tassing e dintorni, nonchè una lista del ricco cast di personaggi con cui entreremo in contatto (e nonostante questa funzionalità ricordarsi di tutti risulta comunque estremamente arduo) e un glossario per spiegare alcune parole, concetti o istituzioni magari non comunemente noti (e riecco spuntare l'aspetto educativo di Pentiment).
Nonostante la sua saggezza, vista anche l'età avanzata, mastro Piero è indietro con i lavori e ciò fa infuriare non solo il Priore e l'Abate di Kiersau ma anche von Rothvogel che, presoci in simpatia, decide di assegnare a noi, Andreas Maler, la continuazione dei lavori. Quella sera stessa viene organizzata una cena in onore del nobile ospite ma questa si conclude, almeno nel mio caso, in malo modo, vista la volontà del Barone di esporre e discutere con le alte cariche religiose presenti delle innovative tesi Luterane, di cui von Rothvogel è gran sostenitore. Al tavolo dell'Abate si scatena l'indignazione per l'aver anche solo nominato Erasmo in un refettorio cattolico e il Barone è costretto ad allontanarsi senza concludere la cena.
Quella stessa notte, verrà ucciso, pugnalato alle spalle, nella sala del Capitolo.
A ritrovare il cadavere è sciaguratamente il vecchio Piero che, colto in flagrante delicto, viene immediatamente incolpato del reato e condannato. Inizia qui la nostra carriera da investigatori per riuscire, nelle 48h che ci vengono concesse, a scagionare Piero e trovare il vero colpevole dell'assassinio. E' forse questo il vero inizio della lunga storia di Pentiment che il manipoli di 13 sviluppatori di Obsidian ha sapientemente tessuto e sceneggiato e che ci accompagnerà per 25 lunghi anni portandoci a svelare i misteri più oscuri e gli scandali più turpi che possono riguardare anche una piccola e insignificante cittadina come Tassing. Religione, paganesimo e soprannaturale si mescoleranno, in una miscela che appassiona e intriga fino all'ultimo istante di gioco, ma, per non rovinarvi ulteriormente l'esperienza, credo sia bene fermarci qui e lasciarvi provare con mano il resto di ciò che Pentiment ha da raccontare
Vis Major
Giocare a Pentiment è equiparabile a leggere un vero e proprio manoscritto antico: benchè il titolo sia localizzato in italiano (il mio Andreas Maler masticava pure qualcosa della lingua avendo vissuto in Italia in precedenza), il gioco è privo di doppiaggio, cosa comprensibile visto l'incredibile numero di linee di testo possibili, e l'avventura sembra svolgersi proprio come se stessimo sfogliando le pagine di un polveroso tomo. Ne risente quindi il gameplay vero e proprio, ridotto veramente all'osso e limitato semplicemente all'effettuare le scelte di dialogo più appropriate secondo la nostra opinione, oltre a qualche piccolo minigioco infilato quà e là per spezzare un po' il ritmo che, alla lunga, può diventare pesante.
E siccome la nostra è una storia che sta venendo scritta al momento dal giocatore stesso, i dialoghi vengono rappresentati come vergati a mano, con un font che cambia in base alla percezione del livello di cultura che Andreas ha del suo interlocutore: un corsivo scarno per i contadini, un font gotico ed elegante per le più forbite cariche istituzionali dell'Abbazia; inoltre, durante la stesura dei dialoghi si può notare la differenza di colorito dell'inchiostro dovuta alla diversa pressione nella stesura da parte dello "scriba" e la presenza casuale di errori che vengono poi prontamente corretti. Piccoli particolari che però rendono conto dell'amore e dell'attenzione che gli sviluppatori hanno posto in ogni dettaglio di questo progetto
Molto spesso, a seguito di una scelta, spunterà un prompt sopra la testa dell'interlocutore con la scritta "questo verrà ricordato": si tratta di una meccanica molto interessante che, quando il gioco ci porrà di fronte a un dialogo chiave, prenderà in conto di come ci siamo comportati con quel determinato personaggio durante tutta la durata della nostra conoscenza ed effettuerà un vero e proprio "check" ruolistico per farci avere successo o meno in quella particolare situazione. Ora, in tutta la durata di Pentiment di questi check ce ne sono molti, il sottoscritto, nell'unico playthrough che ci è stato possibile visti i tempi estremamente ristretti, ha ottenuto 2 soli successi.
Le opzioni sono due: o il sottoscritto è un inetto sociale, incapace di stabilire relazioni empatiche ed entrare nelle grazie delle persone con cui interagisce anche solo virtualmente (cosa plausibilissima visto che lo stesso accade anche nella realtà ndr.); oppure il sistema è eccessivamente cinico e pignolo, punendo i giocatori più "democristiani", che di non si espongono mai platealmente. Come ha fatto, guarda caso, chi sta scrivendo.
I dialoghi e la sceneggiatura sono comunque scritti molto bene, anche se con una leggera tendenza alla prolissità, che può rendere le lunghe sessioni un po' tediose, soprattutto per la poca effettiva interazione che si finisce per avere con il gioco stesso (ci si ritrova a premere lo stesso tasto anche per diversi minuti di fila). Pentiment, inoltre, a differenza di altri titoli di stampo investigativo simile, mi viene in mente per esempio L.A. Noire, non ci dice mai chiaramente se la conclusione a cui siamo arrivati sia quella giusta o meno, ma il tutto viene lasciato in sospeso, lasciando invece che i cittadini di Tassing si formino la propria opinione sul nostro operato.
Una scelta che ho trovato azzeccata e che spinge effettivamente alla rigiocabilità anche se, detto onestamente, non credo sarei in grado di sorbirmi altre 20 ore di dialoghi non skippabili in cui, bene o male, si è già a conoscenza di dove la storia vada a parare.
Come si diceva in apertura, la nostra libertà d'azione è scandita dallo scorrere del tempo (un po' a là Persona 5) e spesso questo sarà insufficiente per svolgere tutte le attività investigative necessarie, obbligandoci a prendere decisioni difficili, in mancanza di tutte le nozioni necessarie, e che nonostante ciò avranno un grande impatto, non solo sulla comunità ma anche sulla salute mentale dello stesso Andreas, rappresentata tramite dei sogni in cui il povero miniatore viene tormentato dai fantasmi del suo passato e dall'incertezza per il suo futuro.
Tecnicamente parlando
Abbiamo provato Pentiment sulla seguente configurazione:
AMD Ryzen 7 3700x @ 3.60 GHz
Gigabyte RTX AORUS Master 3080 Ti 12Gb
Corsair Vengeance RGB RT 32GB DDR4 3600MHz
Monitor LG 34GN850 a risoluzione 3440x1440 (21:9)
Partiamo subito con l'unica nota negativa: il gioco non supporta la risoluzione UWQHD. Fa male, però ormai ho imparato ad accettarlo. Detto questo, il titolo tecnicamente non presenta problemi degni di nota, se non per la localizzazione italiana che presenta qualche errorino quà e là e qualche "licenza poetica" che forse leggo io con troppa malizia, ma giudicate voi nella prossima immagine.
Insomma anche di fronte ai bambini...qualcuno pensi ai bambini!
Detto ciò, quello che veramente svetta (e mi ha fatto innamorare a prima vista del titolo) è lo stile artistico con cui Pentiment è stato realizzato. Tassing, l'Abbazia, il bosco a circondarli, ogni location è realizzata ispirandosi ai coloratissimi manoscritti del XVI secolo e alla loro arte ancora piuttosto "prematura".
Un mondo vibrante e vivido che nonostante la natura 2D riesce comunque a prendere vita grazie anche all'ottima caratterizzazione di tutti i suoi personaggi e alla loro crescita, in senso fisico e di maturità intellettuale, nei 25 anni di storia che Pentiment racconta.
Peccato invece per il comparto sonoro: se gli effetti di scrittura e i suoni ambientali sono piacevoli e ben fatti, mi sarei sicuramente aspettato un qualcosina in più per quanto riguarda la colonna sonora.
In Conclusione
Pentiment è un titolo che dimostra come passione e originalità possano ancora rendere onore e dignità ad un media, quello videoludico, troppo spesso denigrato ingiustamente. Giocare l'opera realizzata dai 13 ragazzi di Obsidian è stato come leggere un ottimo romanzo medievale, non per niente le influenze di Eco e del suo "Il Nome della Rosa" o de "Il formaggio e i vermi" di Ginzburg sono palpabili.
Un titolo comunque che richiede un certo "mindset" per essere giocato e che forse può risultare un po' "pesante" per una fetta di pubblico non abituata al genere. La natura di nicchia di Pentiment lo rende però una piccola perla, un esperimento riuscito, un azzardo che forse non avremmo mai visto venire alla luce se dietro non ci fosse stato il supporto di un publisher come Microsoft e i suoi Xbox Game Studios.
Non un capolavoro, sia chiaro, ma sicuramente un titolo da giocare, meglio se preso a piccole dosi e gustato a piccoli sorsi, come si fa con un buon vino o, per rimanere in tema, con un buon libro.
8Voto KotaWorld.it8.5Grafica6.5Gameplay9Ottimizzazione