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Molly Medusa: Queen of Spit - La Recensione (Switch)
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Molly Medusa: Queen of Spit - La Recensione (Switch)

 

Il mio amore per il mito di Medusa risale ormai agli anni da liceale ed è esitato addirittura in una miriade di particelle d'inchiostro nero intrappolate perennemente nel sottocute del mio avambraccio destro. È facile dunque intuire come, appena letto il nome del titolo che vado a recensire, le mie antenne si siano prontamente drizzate. Lo sviluppatore autonomo svedese, nonchè musicista, Niklas Hallin, ha voluto però reinterpretare la figura di Medusa in un tono decisamente più colorato e scanzonato, senza però snaturarlo del tutto, inserendo in maniera velata riferimenti al senso di solitudine e alienazione che la protagonista prova una volta acquisiti i poteri della più celebre delle tre Gorgoni.

Un altro elemento che mi ha colpito di Molly Medusa: Queen of Spit è stata la sua somiglianza, sia in termini di stile artistico, sia di gameplay, con il celebre brand di The Legend of Zelda, in particolare con Wind Waker. Dovendo ancora attendere un paio di settimane abbondanti per Tears of the Kingdom ho deciso di rispolverare la mia fidata Switch giocando questo "Zelda-like" pubblicato da Burning Planet Digital. 

 

 

Un'apprendista scultrice

 

La giovane Molinike, per gli amici Molly, lavora come apprendista per il celebre scultore Pigmalione. L'uomo, ormai vecchio e burbero, è considerato il miglior scultore di tutta la Grecia ma vive nella costante frustrazione di non riuscire a "tramutare la carne in pietra", ovvero rendere le sue state quasi "vive". Anche Molly non vive la sua condizione felicemente: vorrebbe che il vecchio Pigmalione le insegnasse davvero a scolpire e non la trattasse come un banale aiutante. L'anziano scultore necessita di un particolare scalpello per ultimare l'opera a cui sta lavorando e, guarda caso, manda la sua apprendista dal venditore ambulante che sta passando in città per acquistarne uno. Nella strada che separa la casa dello scultore alla città facciamo la conoscenza di diversi personaggi tra cui Olympiadora, nostra madre, che fa la pittrice di vasi.

 

 

Sarà proprio lei a farci sapere che il venditore ambulante ha già lasciato la città e si è diretto verso la foresta, dove lo inseguiamo a rotta di collo. Una volta raggiunto scopriremo che egli altri non è che la maga Circe, che in maniera apparentemente benevolente afferma che esaudirà un nostro desiderio. Molly coglie la palla al balzo e desidera ciò che poco prima le ha confidato di desiderare il suo maestro, ovvero essere in grado di "tramutare la carne in pietra". Ahimè, per un terribile fraintendimento o per malizia della maga, Molly vede i suoi capelli trasformarsi in serpenti e il suo sguardo diventa capace di pietrificare qualsiasi essere vivente le capiti a tiro: Molly è diventata Medusa.

Qui termina l'introduzione al titolo e, di fatto, anche qualsiasi indicazione riguardante il nostro obiettivo e la nostra direzione. Fortunatamente il mondo di gioco è relativamente piccolo e quindi la strada verso il grande deserto si rende facilmente l'unica alternativa plausibile. Fa strano però che, dopo aver acquisito un potere tanto micidiale e spaventoso, non ci sia praticamente reazione alcuna da parte della nostra Molly, neanche nel vedere pietrificata davanti a noi la nostra stessa madre, visto che nella strada per raggiungere il deserto le passeremo di nuovo di fronte.

Nella vita di solitudine che la attende, mentre cercherà il modo di rompere la maledizione, Molly fa "amicizia" con un sasso su cui è disegnata una simpatica faccina. L'unico amico rimasto a Molly ci ha ricordato molto il buon Wilson di Cast Away e non a caso il gioco accenna in maniera molto parziale al tema della solitudine che attanaglia Molly nella sua nuove condizione. Questo simpatico sassolino ha però anche il potere di rivelarci la mappa di ogni zona che esploreremo, rendendosi dunque parecchio utile durante l'esplorazione dei templi di cui parleremo tra un istante.

 

 

 

La Valle, o meglio il Deserto, dei Templi

 

Raggiunto il deserto inizieremo a vagare tra le sue immense distese di dune grazie a una specie di barca a vela in grado di solcare questo infinito mare di sabbia. Mare di sabbia che però è oltremodo deserto e vuoto e ci porterà a perdere diversi minuti solo per capire effettivamente dove dobbiamo andare (ricordiamo che il gioco, dopo la trasformazione in Medusa, smette di dare qualsiasi indicazione al giocatore). In quella che probabilmente è una malcelata citazione a Breath of the Wild e alla peculiare navigazione del deserto di Gerudo che Link effettuava grazie a delle foche del deserto, ci ritroveremo, più per caso che per merito, di fronte a uno dei 4 templi che si ergono a spezzare il vuoto che caratterizza questa area desertica.

 

 

Intuiremo dunque che il nostro obiettivo è quello di inoltrarci all'interno di ciascun tempio, esplorarlo risolvendone gli enigmi e ottenere l'artefatto necessario a evocare Circe e rompere la maledizione. Il titolo si configura quindi come un gioco d'azione-avventura basato principalmente sulla risoluzione di semplici enigmi ambientali e quasi per niente sul combattimento, visto che anche i nemici verranno pietrificati (anche se solo temporaneamente) dal nostro sguardo.

Oltre al potere della pietrificazione, che ci servirà tra l'altro per risolvere alcuni enigmi, l'interno dei templi ci mette di fronte un'altra meccanica sicuramente interessante ma realizzata in modo a dir poco approssimativo: la reinterpretazione delle leggi di gravità. A Molly basterà saltare su un muro per alterare la gravità e far diventare quel muro il suo pavimento. Questa meccanica non viene assolutamente spiegata e risulta essere davvero spiazzante inizialmente. A questo contribuisce anche il fatto che la telecamera, di default, segue Molly in maniera automatica o, per dirla meglio, le arranca dietro: i frequenti cambi di gravità che si rendono necessari in alcune sezioni dei templi mandano letteralmente in tilt la telecamera che, anche sul piccolo schermo della nostra Switch, è quasi riuscita a darci il voltastomaco per colpa della chinetosi (o motion sickness che si voglia).

Quasi ad essere cosciente di questo importante difetto, lo sviluppatore ha inserito la possibilità di abilitare il movimento libero della telecamera tramite lo stick destro, ma questa ritorna dopo poco ad essere di nuovo lockata. Perchè non lasciare la telecamera gestibile dal giocatore di default? Tra l'altro gli spazi davvero angusti di molte stanze all'interno dei vari templi non fanno altro che rendere più evidente questa problematica, con la telecamera che talvolta compenetra nei muri rendendo la risoluzione degli enigmi, altrimenti di media difficoltà, un vero inferno.

 

 

Esteticamente i templi sono anche gradevoli, nascondono chicche di mitologia greca molto apprezzabili (anche se si poteva fare di più) e non sono eccessivamente grandi e dispersivi, peccato per la scelta dello sviluppatore di teletrasportarci fuori ad ogni morte, obbligandoci ad un noiosissimo backtracking per tornare ogni volta alla stanza dove ci ha sorpresi Thanatos. Innegabile anche in questo caso, come già detto, l'ispirazione ai titoli della saga di Zelda: a partire dai cuori che indicano i punti vita (unendone due a metà si ottiene un cuore aggiuntivo), al gingle musicale che parte all'apertura di ogni scrigno del tesoro, agli immancabili vasi che, se rotti, riveleranno preziosi cuori per curare le nostre ferite. Nel corso dell'avventura sbloccheremo inoltre diversi oggetti equipaggiabili che ci aiuteranno a risolvere enigmi altrimenti irrisolvibili, come il rampino che sbloccheremo nel tempio del Minotauro.

 

Tecnicamente parlando

 

Tecnicamente il titolo si comporta abbastanza bene, sia giocando in modalità docked che in portabilità. Il suo stile artistico molto cartoonesco e squadrato può piacere o non piacere ma noi lo abbiamo tutto sommato apprezzato, così come la paletta di colori veramente vivaci e brillanti messi in risalto anche dallo schermo OLED della nostra Switch. Purtroppo sono da segnalare alcuni bug e addirittura un soft-lock del gioco che ci ha obbligato a riavviare la console per venir risolto.

Il gioco non è localizzato in italiano ma il doppiaggio inglese fa il suo dovere per la maggior parte. Curioso il binomio musicale creato tra avventura mitologica greca e musica metal. A noi non è dispiaciuta la sua natura ossimorica ma probabilmente una scelta così particolare non potrà venir apprezzata da tutti. Non mancano comunque tracce più calme e convenzionali che ci accompagnano la maggior parte del tempo.

 

In conclusione

 

Per essere l'opera di un singolo sviluppatore, che l'ha realizzata in oltre sei anni, Molly Medusa: Queen of Spit è tutto sommato un zelda-clone carino che soffre però di terribili problemi nella gestione della telecamera che ne piagano inesorabilmente l'esperienza di gioco. Tra enigmi poco ispirati, lande fin troppo deserte e la totale assenza di direzioni da parte del gioco, il rischio di sentirsi spaesati potrebbe interessare ben più di un giocatore. Ma se vi piacciono gli action adventure ricchi di puzzle da risolvere, Molly Medusa potrebbe darvi qualche soddisfazione.

 

6Voto KotaWorld.it6.5Grafica6.5Gameplay5Ottimizzazione

 

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